Parole che ritornano
Vi sarà forse capitato, immersi nella lettura di qualche libro, di sentire una certa familiarità con le parole, o per lo meno con le suggestioni che vi si richiamano.
Spesso accade leggendo testi di un passato più o meno remoto. Così è facile rendersi conto che tale familiarità deriva dagli echi colti in qualche opera posteriore.
Evidentemente, la celebre legge della fisica “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, si adatta perfettamente anche alle cose della cultura…
Questa sensazione è tanto ricorrente quanto più abbiamo a che fare con i libri. In questi giorni mi è capitato con la poesia “Sonnambulo” di Georg Trakl (qui nella traduzione di Ervino Pocar) che mi ha fatto ritornare alla mente la canzone “Buonanotte fratello” di Francesco De Gregori.
“Tu che mi camminavi al fianco, dove,
dove eri tu, viso di cielo?
Un aspro vento mi schernisce: Oh, pazzo!
oh, folle, un sogno, un sogno!
Eppure, eppure… Come fu prima
che nella notte io fossi e in abbandono?
Ricordi ancora, pazzo e folle?
l’aspro vento, eco dell’anima mia:
oh, folle e pazzo!
Non stava forse lei, le mani giunte,
un afflitto sorriso sulle labbra,
nella notte implorando e in abbandono!
E che diceva? Non ricordi più?
Pareva amore. Nessun’eco a lei
riportava però questa parola.
Ed era amore? Ahimè che l’ho scordato.
Intorno a me sol notte ed abbandono.
E l’eco del mio spirito, quel vento
che ghigna e mi schernisce: Oh, folle! oh, pazzo!”