cm 32,5 x 24, pp. 174, cartonato con sovraccoperta, in ottime condizioni.
Frutto dell’appassionata intelligenza di Alfieri Seri, Trieste nelle sue stampe documenta lo sviluppo urbanistico della città dagli inizi del Settecento alla fine dell’Ottocento, sulla scorta di un imponente lavoro di ricerca bibliografica e di archivio. Articolata in dieci capitoli (All’inizio del secolo XVIII, Nascita dell’emporio, La parentesi francese, Aspetti di vita cittadina, La città nel primo Ottocento, Il Quarantotto, Evoluzione urbanistica, Giudizi di stranieri, L’anno del «giubileo», Alla fine del secolo XIX), l’opera è corredata da un vasto apparato iconografico, da un agile Dizionarietto degli artisti – ricco di notizie assai spesso inedite – e da un essenziale repertorio delle stampe in ordine alla loro provenienza, per la cui compilazione Alfieri Seri si è avvalso della consulenza di Fiorello de Farolfi. Autentico itinerario lungo i due secoli che hanno visto l’antico «borgo di pescatori» (Slataper) assurgere a dignità di emporio e di unico sbocco sul mare dell’impero austroungarico, Trieste nelle sue stampe muove dall’immagine della città rinchiusa gelosamente nella cinta muraria (quindi delle sue istituzioni, delle sue chiese, della sua vita sociale), per poi documentare con ricchezza ed esattezza il grande sconvolgimento politico ed economico prodotto dal «sapiente uccellatore» Carlo VI con la concessione del portofranco (1719). Alla crescita economica si accompagna inevitabilmente il calo dell’autonomia, sì che Maria Teresa incontra non pochi ostacoli, da parte del patriziato, nel suo lungimirante disegno di «fondere vecchio e nuovo». Cos’ha rappresentato, per Trieste, la «parentesi francese»? Come la cosmopolita borghesia dell’emporio ha accolto le aquile napoleoniche? Privilegiando concreti e stimolanti dati, desunti anche dalla pubblicistica dell’epoca, questo volume ricostruisce, accanto all’identità «urbanistica» di Trieste, il suo «spirito» la sua «cultura», la sua «vita quotidiana», il suo «folclore», e ne accompagna lo sviluppo lungo l’Ottocento, soffermandosi sulla sua costante crescita demografica, sulla sua irresistibile ascesa economica, sui fermenti nazionali che ne caratterizzano l’«anima» in tutta la seconda metà del secolo. Senza naturalmente trascurare gli ammirati giudizi degli studiosi e dei viaggiatori stranieri su tale «miracolo» di coraggio imprenditoriale. Trieste nelle sue stampe si congeda dal lettore con l’immagine di una città giunta a centodiecimila abitanti, elegante, sontuosamente illuminata, resa prestigiosa dai grandi palazzi sulle rive, dotata di modernissime infrastrutture. Una città i cui magazzini traboccano di merci e dove l’agiatezza è il simbolo più vistoso di una civiltà improntata ai valori del lavoro: appunto la «città del lavoro» che Emilio Brentani addita ad Angiolina nella sveviana Senilità. Ed è senza dubbio l’immagine più cara a chi crede in Trieste e nella sua volontà di rilancio.