cm. 22 x 14,5, pp. 300, copertina rigida, in ottime condizioni.
Ignazio Ambrogio, nato nel 1926, incaricato di lingua e letteratura russa nella Università di Messina, già noto al pubblico per aver curato tra l’altro l’edizione italiana delle opere complete di Majakovskij e di Gorkij, si occupa ormai da vari anni della critica democratica russa dello ottocento, di cui ha presentato alcuni testi fondamentali. Questo suo saggio su Belinskij, che è il primo studio italiano sull’argomento, assume singolare rilievo non solo perché Belinskij è una figura chiave dell’evoluzione letteraria russa, ma anche, e soprattutto, perché l’influsso da lui tuttora esplicato sulla teoria e critica letteraria sovietica consente un discorso non marginale sui terni più vivi e attuali di un’estetica ispirata al materialismo marxista. Ricostruendo il pensiero di Belinskij dall’interno, nella sua intricata dinamica, spesso in polemica con le interpretazioni correnti, e analizzandone le molteplici connessioni con il contesto storico-sociale, con l’esperienza poetica di Puškin, Lermontov, Gogol, con le acquisizioni di pensatori come Schelling e Hegel e con le istanze filosofiche scaturite dalla dissoluzione dell’idealismo hegeliano (sulla direttrice Feuerbach-Marx), l’autore riesce a individuare il significato storico di Belinskij e può altresì concludere che la sua «attualità» di critico e teorico della letteratura non è da rinvenire nei sedimenti idealistici. della sua riflessione, ma va ricercata altrove: nei contributi storiografici e interpretativi concreti, nella polemica contro il formalismo dell’atte pura e nella battaglia per la «scuola naturale» gogoliana, nell’elaborazione di una teoria determinata del realismo, nella tensione, spesso drammatica, sempre vivissima, verso una critica che, senza infiacchirsi nella contemplazione accademica, non si svuoti tuttavia nel pubblicismo propagandistico, nella tensione verso un metodo critico, scientifico e militante insieme, che, allo stato presente, e ancora in gran parte da realizzare.