cm. 22,5 x 14, pp. 316, copertina rigida con sovraccoperta, in ottime condizioni.
Nelle serate della sua gioventù solitaria, quando lasciò lavoro e famiglia per andarsene a Chicago a tentar la fortuna, Sherwood Anderson sognava di «raccontare tutte le storie di tutta la gente dell’America. Sarei arrivato a tutti, li avrei capiti, ne avrei scritto la storia». E a forza di andare vagabondando un po’ facendo il soldato e un po’ il bracciante sarebbe diventato «finalmente uno scrittore, uno scrittore le cui simpatie andavano soprattutto alle casette di legno costruite spesso lungo ignobili straducole di cittadine americane, alla gente sconfitta, dalla vita mancata». Anche cercando di scrivere un’autobiografia, di interrogarsi sul proprio mestiere di scrittore, Anderson non riesce a dimenticare la realtà esterna con la quale si pone in perpetuo conflitto. Parlando di sé e del proprio futuro di letterato, finisce per tracciare l’itinerario obbligato di una generazione alle prese con mille esperienze. Eccolo infatti piantatore di cavoli nell’Ohio, garzone di scuderia, operaio in una fabbrica di biciclette e in un’altra di chiodi, caporale nella guerra ispano-americana per il possesso dell’isola di Cuba: e finalmente le discese nei caffè letterari di New York, i viaggi in Europa.