cm. 28 x 21, pp. 158, brossura, in ottime condizioni.
Come affrontare l’opera dell’artista Antonio Guacci il cui polimorfismo espressivo, sommato alla riservatezza defilata del suo carattere, lo ha reso noto alla moltitudine dei discepoli che in quarant’anni di Università lo hanno avuto come maestro di Architettura, mentre il suo operare artistico, da quella disgiunto, è conosciuto solo nella ristretta cerchia degli amici o degli addetti ai lavori che hanno avuto occasione di incrociarlo sulle strade della vita?
Ricorrendo alla memoria di amici e discepoli che con lui hanno percorso un lungo tratto di quelle strade, affiancandolo su di una o su entrambe le “carreggiate” della sua creatività.
Diana De Rosa, Giovanni Ceiner, Edino Valcovich sono stati prima suoi discepoli e poi amici oltre che colleghi; Roberto Damiani, Benedetto De Bernard e Gino Pavan, già suoi colleghi, hanno goduto della sua amicizia e del suo affetto.
Nei loro interventi, critici o di testimonianza, si possono trovare gli spunti per ricostruire la personalità umana ed artistica di Antonio Guacci, ed apprezzarne l’opera in tutte le sfaccettature.
Rispettando la poca considerazione che egli attribuiva alle opere dell’inizio (che si sono salvate dal suo ripudio distruttivo), viene presentata in questa occasione una parte considerevole di quelle ben più numerose della sua seconda stagione creativa, a far capo dagli anni ’60, quando ha ripreso la produzione artistica, dopo le significative affermazioni nel campo dell’architettura.
Seppur precedenti, queste (alcune ben analizzate nell’intervento di Edino Valcovich) sono qui subordinate allo sviluppo espositivo della produzione artistica. di lui, la meno nota ai più.