cm. 24 x 24, pp. 196, brossura, in ottime condizioni.
Se il Bello ha dominato per secoli il territorio del giudizio estetico con i suoi attributi di armonia, simmetria e proporzione, il Sublime abbraccia in sé il disarmonico, l’incommensurabile, il passionale e l’infinito e, nel far ciò, traccia i recinti di una concezione «anti-classica» solo apparentemente oppositiva.
La cultura classica aveva trovato una norma, una regola, un canone, una misura per disegnare e progettare lo spazio costruito (la cultura del trattato di architettura autorevolmente sancisce tutto ciò) e aveva soprattutto chiarito che solo in presenza di una regola era possibile la deroga: solo in presenza del limite, della misura, era possibile lo sbordo, la dismisura; e tutto ciò avveniva in un rapporto intellegibile, dignitoso, di norma e devianza, sempre attraversato dalla libertà.
Occuparsi in senso moderno di Bello (norma) e di Sublime (devianza) può, quindi, aiutare a rifondare una regola che sia nuovamente trasgredibile, in quanto quale trasgressione è possibile senza una regola da contraddire? Quale dismisura (sublime) può essere costruita se si perde il senso della misura (bellezza)?
Tutto ciò diventa lampante se si sposta il fuoco dalle teorizzazioni alle costruzioni; che è come dire dal dire al fare, dall’etica all’architettura, se siamo d’accordo (e lo siamo) che il desiderio della trasgressione, data una regola, è quella cosa così incontenibile che, di per sé, contribuisce a tracciare i territori della qualità. Di quella qualità che, dall’antico mito a Pirsig, è tanto necessaria quanto indefinibile. Il volume contiene queste ed altre argomentazioni nell’intento preciso di non costituire prese di posizione esaustive (R.L.F.).