cm. 22,5 x 14, pp. 272, copertina rigida con sovraccoperta, in buone condizioni.
Il personaggio che dice “io” in questo libro, Geoffrey Braithwaite, è un sensibile uomo di lettere, ama Flaubert, detesta i critici che irrigidiscono il lavoro di analisi nella ricerca dell’errore, sogna di scrivere un saggio sui rapporti intercorsi fra lo scrittore prediletto e la sua governante inglese, ha un buon accento francese, la spiccata tendenza a cercare in sé e negli al tri il lato peggiore e una moglie che lo ama per i suoi lati migliori. Insieme a lui, l’altro personaggio, Gustave Flaubert, l'”amico” per il quale Geoffrey Braithwaite deve “fare vendetta”. Vendetta su chi? Su cosa? Non propriamente sulla critica, su Sartre, su paludati professori o tonanti specialisti della cattedra o sulla stessa storia della letteratura; anche se Geoffrey Braithwaite non è tenero con nessuno. La vera vendetta Geoffrey se la prende contro il suo autore, contro Julian Barnes, e contro il suo desiderio di scrivere la biografia di uno scrittore. Proprio perciò gli elementi che sono offerti al lettore per “ricostruire” una immagine di Flaubert sono tutti lacerti, macchie, indizi volutamente periferici o, ancora, citazioni raccolte in eterogenee rubriche che fanno di Geoffrey Braithwaite un eccentrico à la manière di Flaubert. At traversiamo così il mondo dello scrittore di Croisset in compagnia del pappagallo imbalsamato che ispirò la vicenda di Félicité, delle fantomatiche lettere a Juliet Herbert, dei treni “adulterini” su cui viaggiarono lo scrittore e Louise Colet, dei molti animali nei quali Flaubert amava riconoscersi, dei progetti di opere mai scritte… Il pappagallo di Flaubert è un’opera entusiasmante, limpida come un giallo di Agatha Christie, di vertente, frizzante, umorosa, per vasa di sottile malizia e lucida intelligenza.