cm. 23 x 15, pp. 506, copertina rigida, in ottime condizioni.
Lettore, abbi pazienza e prosegui fiducioso; apprendi o rivivi, a seconda dell’età. Poi, ti sentirai cresciuto. Non sarà necessario penare sulle righe, per capirle, perché questo non è uno studio pedantesco pieno di nomi e di cognomi, puntellato da commenti esplicativi, infiorettato da quei vocaboli ostrogoti che sono usati di frequente ai giorni nostri e che inducono anche un premio Nobel a sentirsi uno zuccone. Il Trieste Exit non ha niente a che fare con la storiografia attuale. Come sia classificabile, non so: io dapprincipio credevo che fosse poco più del benvestito resoconto di una chiacchierata inconcludente, simile a quelle che vengono iniziate e proseguite tra una panchina e l’altra del giardino di via Giulia; poi me lo sono palpeggiato come se fosse un gran capolavoro; ora mi accorgo che non è una storia dell’irredentismo, che non è una narrazione dei principali avvenimenti triestini…; è…; Dio mio, che scorno, non lo capisco più, cos’è. Ha un’anima sua, ormai; l’ho fatto, e m’è sfuggito dalle mani. Spero solo che possa essere d’aiuto a molti giovani, assuefatti fin dalla nascita alla libertà di pensiero e d’espressione, e spesso incapaci di comprendere quali pericoli l’assuefazione possa comportare: ma sono ottimista, io, ed oltre a tutto persuaso che anche le peripezie dei nonni, dei bisnonni e dei trisavoli, se spolverate e illuminate da un moderno riflettore, possano servire ad evitare l’ingannatrice assuefazione. Avanti e coraggio.