cm. 18,5 x 11,5, pp. 298, brossura, trascurabili segni a matita, in buone condizioni.
Questo celebre libro di Bernanos, che risale a venticinque anni or sono, pare scritto oggi. Profeticamente lo scrittore francese aveva capito che il vero dramma della civiltà contemporanea era la formazione progressiva di una società che tendeva a reprimere l’uomo integrale, per ridurlo a produttore-consumatore, e a trasformare il mondo in un campo di concentramento tecnocratico. «Questa organizzazione», scriveva, «è stata totalitaria fin dal principio, anche quando assumeva la maschera e il nome della libertà poiché il liberalesimo asserviva l’uomo all’economia affinché lo Stato potesse impossessarsi, al momento opportuno, dell’uomo e dell’economia insieme, mentre il capitalismo dei trusts apriva la strada al trust dei trusts, al trust supremo, al trust unico: lo Stato tecnico divinizzato, il dio di un universo senza Dio». ln queste pagine Bernanos critica con il suo stile passionale e paradossale i dogmi della società delle macchine, sia occidentale che comunista: il progressismo, la fede patetica nella scienza e nella tecnica, il mito del Benessere identificato con la giustizia. Spiega che questa nevrotica società «corrisponde al desiderio dell’uomo moderno, un desiderio segreto, inconfessabile, un desiderio di degradazione, di rinuncia». Contro questo sistema propone una conversione dell’intelligenza a cui non potrà non seguire una correzione dell’attuale sviluppo tecnologico: «Innanzitutto e soprattutto bisogna rispiritualizzare l’uomo. No, non si tratta di distruggere le macchine, si tratta di rialzare l’uomo, cioè di restituirgli la fede nella libertà del suo spirito, assieme alla coscienza della sua dignità. Quando si è arrivati a dominare l’infezione, le pustole scompaiono da sole».