cm. 30 x 24, pp. 182, copertina rigida con sovraccoperta in plastica (non presente la sovraccopertina cartacea), leggere fioriture, in buone condizioni.
Trent’anni fa, e forse anche venti, un libro sul Modernismo catalano probabilmente non avrebbe trovato un autore; difficilmente un editore; sicuramente non avrebbe suscitato interesse a livello internazionale. La storicizzazione del movimento moderno è una conquista di queste ultime decadi. Dal Pevsner al Giedion, com’è noto, la vicenda dell’architettura dal 1850 in poi è ricostruita in termini evoluzionistici: Gropius, Le Corbusier, Mies van der Rohe incarnano l’età matura; tutto ciò che antecede ha mero valore di preludio, più o meno affascinante; e ciò che segue è commento manieristico, oppure decadenza e corruzione. Voysey e Mackintosh, Horta e Van de Velde, Sullivan, Wagner, Olbrich e Hoffmann, Gaudí naturalmente, Garnier e Perret, Behrens e Loos sono «i pionieri»; in parte, anche Wright. Tra le due guerre mondiali agiscono i veri protagonisti; dal 1945 assistiamo alla diffusione del movimento moderno, al suo mutarsi in comunicazione di massa, e quindi al suo consumo, alla crisi. È un tipico modo rinascimentale, «vasariano» di interpretare la storia finalizzandola in una personalità: Michelangiolo o Le Corbusier, ovvero in un’istituzione: il classicismo cinquecentesco o il Bauhaus. E poiché ogni fenomeno pionieristico viene giudicato in funzione delle sue virtù anticipatrici della fase di «arrivo», straordinarie figure come Gaudí e Olbrich restano in ombra rispetto a personaggi creativamente assai più modesti, quali van de Velde e Behrens: si rivelano infatti in ben scarsa misura pre-lecorbusieriani o pre-gropiusiani.
Oggi abbiamo superato questo anacronistico criterio di leggere la storia. Ma attenzione: l’attuale frenetica ansia di recuperi filologici, se comporta la riscoperta di un immenso patrimonio artistico offuscato dai preconcetti ideologici del razionalismo 1920-30, ha poi un altissimo costo. Tende a decontestualizzare gli eventi, ad appiattirne i rilievi e confonderne le sequenze, principalmente a deprimere la sensibilità alla loro flagranza. La rivalutazione dell’Art Nouveau, ad esempio, positiva e feconda sul terreno culturale, si è accompagnata ad un’irresponsabile moda neo-liberty, ad una corsa all’indietro, ad un impulso evasivo rispetto ai compiti contemporanei.