cm. 22 x 14,5, pp. 182, brossura, timbro di appartenenza, in buone condizioni.
Tre monoteismi, tre universalismi: ebraismo, cristianesimo e islam condividono il medesimo presupposto, ossia ciascuno di essi si dichiara l’unica religione vera, l’unica religione universale. Ma a quali condizioni la religione di un popolo può aspirare a essere la religione di tutti i popoli?
Bonanate parte da questo problema cruciale, che ha ormai una vicenda millenaria, sempre drammatica, spesso cruenta, e per nulla ricomposta nonostante i pro cessi di secolarizzazione e il diffondersi dello spirito di tolleranza: mentalità fondamentalistica e risorgenti estremismi religiosi non fanno che ricordarcelo. Tuttavia scopo del libro non è ripercorrere storicamente la difficile convivenza dei tre universalismi, ma cercarne le ragioni scritturali nei rispettivi testi di fondazione, Bibbia ebraica, Nuovo Te stamento e Corano. Ne deriva una sinossi dei tre «canoni» che ancora una volta, come nei precedenti libri di Bonanate, si impone per accuratezza e perspicuità sia a biblisti e coranisti sia al pubblico laico, tradizionalmente disertato da editori non confessionali.
Il punto di partenza è il «noi» delle tre religioni, i modi attraverso cui hanno raggiunto la loro prima autocoscienza di comunità religiose e hanno tracciato i propri confini: la rivelazione, la forma zione di un testo canonico e il lavoro esegetico che l’accompagna, l’idea di possesso esclusivo della verità. In tensione con questa prospettiva particolaristica si fa strada, e prende forme diverse, l’esigenza di annullare i confini. Nascono così l’universalismo profetico ebraico, totalmente affidato alla volontà di Dio, il proselitismo dei cristiani chiamati ad «ammestrare tutte le genti», il richiamo coranico alla «natura musulmana» di ogni uomo. È allora che si pone il problema: cosa fare della religione degli altri?