cm. 22 x 14, pp. 168, brossura, in buone condizioni.
Nella vasta – ma non sufficiente – bibliografia sulla teoria politica di Gramsci mancava un’interpretazione che fosse sì rigorosamente aderente ai testi ma nello stesso tempo “politica” L’autore qui, respingendo da un lato l’estremismo di sinistra che esplicitamente o implicitamente rifiuta l’apporto del pensiero gramsciano, e dall’altro la revisione riformistica di certi autori legati al PCI, cerca di ricostruire fedelmente la teoria rivoluzionaria di Gramsci. Il pensiero di Gramsci, unitario, pur nei successivi sviluppi storici, dagli scritti giovanili ai Quaderni del carcere, e sempre aderente al marxismo e al leninismo di cui sviluppa soprattutto la teoria delle sovrastrutture. Gramsci per primo comprende l’importanza della lotta sovrastrutturale – cioè per l’egemonia – degli intellettuali organici alla classe proletaria. Tutto ciò non esclude, tutt’altro, la lotta strutturale e la violenza per l’instaurazione della dittatura del proletariato. Proprio dall’analisi della maggior complessità della società occidentale rispetto a quella orientale (la Russia di Lenin) deriva la strategia politica gramsciana, per cui le sue note relative al rapporto riforme-rivoluzione, obiettivi intermedi-fine ultimo vanno lette sotto quest’ottica e non già come premessa alla togliattiana “via italiana al socialismo.” pacifica e parlamentare. Nello stesso tempo l’autore critica fermamente le interpretazioni di “estrema sinistra” tendenti a presentare un Gramsci sostanzialmente socialdemocratico, cioè non leninista, non rivoluzionario, solo perché attento al livello di coscienza delle masse. Anche circa la tematica del partito il pensiero di Gramsci si presenta assai attendibile e originale. Per Gramsci infatti il partito leninista (bolscevico) vive una sua dialettica tra centralismo e democrazia assai lontana sia dallo spontaneismo anarchicheggiante sia dal centralismo burocratico staliniano. Anche su questo punto Bonomi dimostra la distanza tra Gramsci e Togliatti, e sotto questa luce chiarisce i contrasti tra i due del 1926, del 1929 (la “svolta”) e del 1933-34 (la Costituente e i Fronti popolari). Con questo libro inoltre l’autore si propone non solo di offrire un’interpretazione “diversa” del pensiero gramsciano, ma anche di aprire un dibattito nelle forze di sinistra, parlamentari e non, che esca dalle secche dell’accademismo e dei travisamenti, convinto che solo con un’attenta appropriazione, certamente critica, della teoria di Gramsci queste forze possano fare quel salto qualitativo che il movimento di massa si attende.