cm. 19,5 x 11,5, pp. 164, brossura, in ottime condizioni.
Storico e filologo di mondi immaginari, biografo attento di personaggi mai esistiti e scrupoloso commentatore di opere mai scritte, c’era bene da aspettarsi che Jorge Luis Borges diventasse anche il «Cuvier» della zoologia fantastica: dal centauro all’anfesibena e al roc. Perché la condizione del suo lavoro poetico è sempre consistita nell’irrealtà dell’oggetto unita alla possibilità di recensirlo, definirlo, descriverlo, classificarlo come se fosse reale. E quale materia potrebbe convenirgli meglio delle faune favolose di Plinio (così intrecciate alle reali) o di William T. Cox?
Lavorando materie inesistenti (o poco esistenti: la “statue sensibile” di Condillac e l’«animale ipotetico» di Lotze; l’A Bao A Qu, che «fruisce di vita cosciente solo quando qualcuno sale le scale»; «gli animali sferici»; «le fini osservazioni del Momigliano, nella sua edizione del 1945»), Borges abolisce la distinzione tra spirito di geometria e di finesse; e rivendica il diritto per tutti gli uomini di condiscendere alle proprie inclinazioni per il divertente, lo svagato, l’inutile; senza lacerazioni, e con la salvazione stessa dell’anima e del reale: Talvolta pochi uccelli, un cavallo salvarono le rovine d’un anfiteatro…