cm. 22,5 x 14, pp. 176, copertina rigida con sovraccoperta, in condizioni molto buone.
Molto è stato detto e scritto su Coppi. Che cosa si può ancora dire? Inutile rifare oggi la storia delle sue imprese, ingeneroso indagare sulla sua vita privata, peggio ancora esaltarne il mito. Solo prendendolo da un altro verso si poteva tentare di riproporlo senza cadere nell’agiografia. Ed è quello che ha fatto Brera mettendosi a raccontare di Coppi come se fosse stato uno qualunque. Brera è sempre stato un coppiano. Ma qui è anche impietoso nel rievocare la sua infanzia, nell’introdurre il lettore. nell’ambiente di campagna in cui ha mosso i primi passi e dato le prime pedalate fino alla grande consacrazione nel Giro del 1940, interrotta dalla guerra. Poi la straordinaria stagione delle vittorie coppiane, il colpo di fulmine per la Dama Bianca, questa Madame Bovary nostrana che purtroppo scrive Brera «non è rimasta a casa, ma è fuggita» abbindolandolo; e, infine, il tragico de stino di una morte assurda, l’ultimo inevitabile atto di una vita costellata di soddisfazioni ma anche avvelenata da tante disgrazie. È proprio nel racconto del Coppi più celebre che Brera rivela le sue capacità di narratore perché Coppi e il diavolo è soprattutto il romanzo di una vita dura e sballata. Ci sono si le vittorie, ma Brera racconta anche quello che si nasconde dietro la facciata. Per carità, nulla di scandaloso, solo i retroscena della vita di un uomo con le sue debolezze, le sue gioie, i suoi errori, il quale ha scelto il mestiere di pedalare in bicicletta. E, allora, da mito, Coppi diventa un uomo come tutti gli altri, che, per affermarsi, ha dovuto vincere il diavolo che segue ognuno di noi: per Coppi è stato dapprima la bicicletta, poi Bartali, poi l’amore, anche se, alla fine, il diavolo si è preso la sua rivincita inoculando gli con un banale germe una mortale infezione durante una battuta di caccia nell’Alto Volta. Con Coppi e il diavolo Brera ha scritto, forse, il suo libro meno breriano; ma, secondo me, il più autentico e il più riuscito perché ha fatto di Coppi, personaggio romanzesco per natura, un vero personaggio da romanzo epico come certe sue imprese.
SERGIO PAUTASSO