cm. 20,5 x 12,5, pp. 302, brossura, sottolineature ed annotazioni a penna, per il resto in buone condizioni.
Il culto dei santi e delle loro reliquie, uno dei tratti caratteristici della società tardoantica, ha lasciato un’impronta durevole sulla vita e persino sul paesaggio dell’Europa occidentale. All’origine del fenomeno vi fu la geniale capacità dei tardoantichi di delimitare, localizzare e rendere magnificamente palpabili con tutti i mezzi dell’arte, del cerimoniale, della pratica religiosa e della letteratura, quei pochi e ben precisi punti in cui il mondo visibile e l’invisibile si incontravano sulla terra. Il carattere peculiare del cristianesimo fu che questi punti di congiunzione vennero a coincidere in misura sempre crescente con esseri umani. Il paesaggio tardoantico era costellato di figure umane, ciascuna delle quali costituiva un «luogo» in cui si congiungevano cielo e terra. Santi uomini ascetici, con i loro rituali di autoumiliazione e di «morte» per la società, e poi i morti che giacevano nelle tombe. Appartenenti entrambi ad un altro mondo, dai loro corpi o da ciò che rimaneva dei loro corpi emanava quanto vi era di più vivo per questo mondo, la guarigione, la veggenza, la giustizia.
In questa raccolta di saggi Peter Brown prende in esame il complesso fenomeno, seguendo folle di pellegrini che si accalcano attorno alle reliquie e artisti che si sforzano di visualizzare la presenza del sacro: persone, luoghi, opere d’arte, dalla Siria all’Irlanda, da Costantinopoli a Novgorod, fra il secolo IV e il XII. Incrociando figure come Giuliano l’Apostata e Simeone Stilita e affrontando temi quali la controversia sull’iconoclastia bizantina, Peter Brown rimette in discussione le interpretazioni di Gibbon e di Pirenne, proponendoci dieci anni di ricerche e di studi che rappresentano il maggiore apporto alla rivalutazione moderna della società tardoantica.