cm. 19 x 12, pp. 532, brossura, poche sottolineature a matita, in ottime condizioni.
Uno che sposa una donna volgare, meschina, avida, solo perché costei ha l’astuzia (o l’istinto) di infilarsi un paio di guanti per toccare uno dei venticinquemila libri ai quali lui è morbosamente affezionato, anche se non li apre mai (ma può darsi che la donna lo avesse fatto per non sporcarsi le mani di polvere), è certamente un personaggio grottesco, ma anche tipico. Forse proprio nella scoperta della e tipicità» della follia dell’individuo contemporaneo sta la chiave di questo romanzo, già leggendario, che è, appunto, unico e tipico insieme. Le sorprendenti invenzioni del racconto (dal protagonista, l’intellettuale europeo maestro di sinologia, al nano gobbo e cialtrone, che verrà ucciso e mutilato della gobba, fino al grande rogo finale dei libri, ovvero dei feticci dell’eresia individualistica) non sono che le tessere di un allucinato mosaico destinato a rivelarsi come una rappresentazione audacemente fedele degli incubi e degli impotenti furori che occupano tanta parte dell’orizzonte dell’individuo «colto» nel secolo ventesimo. «Sono francamente affascinato,» ha scritto Thomas Mann, «dalla prepotente esuberanza di questo romanzo, dalla sua smodata immaginazione, dalla esagerata grandiosità della sua struttura, dalla sua tristezza, e dalla sua protervia.» Comico e crudele, patetico e agghiacciante, naturalistico e allegorico, coevo di una letteratura che fra i suoi nomi registra Kafka ma anche Brecht, Musil ma anche Gide, questo romanzo, uscito nel 1935, ha rinnovato dopo l’ultima guerra, nelle traduzioni inglese e francese, il suo prezioso successo di critica e di pubblico esigente; e resta intatto e attuale, più di trent’anni dopo l’insorgere di quella follia nazista massificatrice che sembrò determinarlo per contrasto. Visto in prospettiva, non appare più nemmeno profetico, ma soltanto disperatamente contemporaneo.