cm. 28 x 24, pp. 96, brossura, in ottime condizioni.
Non poteva mancare, nel percorso sul secondo Novecento triestino che il Museo Revoltella ha iniziato già da una decina d’anni e che quest’anno – cogliendo l’occasione delle celebrazioni del cinquantesimo anniversario del ricongiungimento della città all’Italia – si articolerà in molteplici iniziative espositive, una riflessione su Carlo Giorgio Titz, personaggio molto rappresentativo della gioventù uscita dalla seconda guerra mondiale, ricordato con ammirazione e rimpianto da tutti coloro che lo conobbero, ma dimenticato da tempo dalla critica e dal mercato.
Titz, infatti, scomparso nel ’58 a soli trent’anni, era stato uno dei protagonisti del risveglio culturale dei primi anni cinquanta, e in soli dieci anni di attività aveva rivelato una personalità davvero originale, supportata da una profonda cultura e da una vasta gamma di interessi che andavano dalla pittura alla poesia, dalla scenografia all’architettura, dal teatro al cinema, con risultati sorprendenti in tutti campi che di volta in volta scelse di praticare. Determinante era stato certamente il suo soggiorno milanese, breve ma intenso, più per il corso di nudo sotto la guida di Funi all’Accademia di Brera che per le lezioni al Politecnico e più ancora, forse, per i lavori di scenografia alla Scala a cui collaborò con lo stesso Funi. Non si può definire, dunque, un pittore “puro”, Carlo Giorgio Titz, ma più propriamente un intellettuale del ‘900, con le inquietudini tipiche di questa categoria e con una notevole capacità di esprimersi e di dare forma alle sue idee attraverso mezzi molto diversi. Un grosso quaderno di disegni e appunti degli anni ’52-54 conservato dalla famiglia, è prezioso per capire sia l’uomo che l’artista, nell’apparente disordine dell’alternarsi di immagini e poesie in cui affiorano le sue paure e la sua delicatezza di sentimenti, ma anche l’amore per la natura, il mare soprattutto, e il suo interesse per la cultura e per problemi sociali.