cm. 18 x 11, pp. 166, brossura, in ottime condizioni.
La critica romantica ha classificato Cecco Angiolieri nella prediletta schiera dei «poètes maudits», come un predecessore di Villon, diviso tra i vizi di un’esistenza dissoluta e la consapevolezza della propria abiezione, che lo sprofonda in una tetra malinconia. La valutazione critica di questo poeta oggi è sensibilmente cambiata: il canzoniere di Cecco (tra i più cospicui che ci siano pervenuti, anche se molti sonetti sono certamente spurii) è una creazione tutta letteraria, che s’inserisce nella tradizione della poesia realistico-giocosa medievale e si appropria di moduli già codificati, come l’improperium e il vituperium, e spavaldamente amplificati per diletto e sollazzo di un pubblico tutt’altro che scelto. Non si tratta quindi di poesia spontanea e popolare, bensì dell’attenta applicazione di una tecnica letteraria, che riveste anche un preciso intento polemico contro lo stilnovismo. Alle eteree virtù esaltate dagli stilnovisti, Cecco contrappone i robusti vizi dei suoi personaggi borghesi; alle angelicate Beatrici fa da riscontro Becchina, femmina salace e dispettosa che fa disperare il poeta in una serie di vivacissimi dialoghi, dal netto impianto teatrale.