cm. 18 x 10,5, pp. 352, brossura, in ottime condizioni.
Attraverso l’analisi delle istituzioni del contado in relazione alle città e agli Stati regionali, Chittolini delinea la nuova geografia politica che viene formandosi in Italia nel periodo di crisi degli ordinamenti comunali fra Tre e Quattrocento, portando alla costituzione di un sistema politico complesso, abbastanza vigoroso e articolato da durare sino alle soglie del Risorgimento. È così in trasformazione tutta l’organizzazione del territorio quale era stata creata dai comuni: proprio la fragilità degli ordinamenti imposti dagli Stati cittadini ai loro contadi, dove la larga presenza di forze signorili riusciva a svolgere un ruolo determinante nelle stesse lotte di vertice del comune, è un elemento essenziale in questo processo che investe tutte le regioni centrosettentrionali della penisola. Ma la soluzione di tali conflitti è il riconoscimento a queste signorie rurali di ampi spazi di autonomia nello Stato regionale: la Lombardia viscontea appare costruita sotto il segno del particolarismo, come somma di privilegi riconosciuti a borghi, vallate, signori di feudi più o meno vasti; gli Stati estensi mostrano i segni di un’endemica debolezza, che caratterizza anche i domini pontifici e, per vari aspetti, anche la Terraferma veneta. Se la ricomparsa di istituti signorili e feudali non va intesa come una radicale inversione di tendenza, e se la forza di attrazione delle città rimane sempre assai grande, l’avvento dello Stato regionale segna dunque un importante punto di svolta: la rete di dominio che le varie città, ora inserite nello Stato, avevano creato, risulta praticamente distrutta a vantaggio dell’autorità centrale; per contro, le posizioni di privilegio dei cittadini riescono a essere salvaguardate: «sostanziosa contropartita alla perdita della libertà, pegno, quasi, dell’accordo che i cittadini hanno stretto con i principi e con le dominanti». Peggiorata risulta dovunque la condizione dei contadini: «la tendenza che si era da tempo venuta affermando, fin dai secoli XII e XIII, con la prima crescita del comune urbano, a rendere più rigida la dipendenza del “rustico” dal proprietario cittadino, con la forza dei contratti agrari, con norme di legge e clausole vincolanti, può così rafforzarsi» fino a ridurre il lavoratore agricolo in una condizione di inferiorità giuridica e di perdita di forza contrattuale che è per tanta parte alle origini della decadenza dell’Italia in quel periodo.