Caratteristica e condizioni:
cm. 21,5 x 16, pp. 212, copertina rigida con sovraccoperta, in ottime condizioni.
Contenuto:
Nelle prime ore del giorno, il 13 luglio 1942, gli uomini del Battaglione 101 della Riserva di Polizia tedesca entrarono nel villaggio polacco di Józefów. Erano arrivati in Polonia da poco meno di tre settimane: molti erano appena stati arruolati, tolti alle loro famiglie, troppo vecchi per un servizio combattente attivo, di varia origine, operai, impiegati, commercianti, artigiani, uomini di chiesa. Lavorarono sodo, quel giorno, alla loro prima operazione: al tramonto, essi avevano rastrellato 1800 ebrei di Józefów, di questi ne avevano accuratamente selezionate poche centinaia, gli uomini sani da deportare come «lavoratori», e tutti gli altri li avevano passati per le armi, sterminati a colpi di mitraglia, tutti, 1500 circa fra donne, vecchi e bambini. Come fu possibile che gente comune potesse trasformarsi in questo modo?
Come avvenne che, dopo i primi sguardi attoniti, naturalmente reticenti, eseguissero diligentemente un ordine che in un solo giorno li macchiò di 1500 crudeli omicidi? E come furono i giorni successivi, le settimane e i mesi che trascorsero con la divisa di riservisti di polizia? Non erano nazisti, né coinvolti in associazioni di fanatici antisemiti; erano quasi tutti di Amburgo, dove avevano anonimamente trascorso fino agli anni della maturità tutta la loro vita: ora erano l’ultima scelta, fuori quota per età e per addestramento, di un reclutamento che non andava per il sottile e che li intruppava indifferentemente.
Quegli uomini attempati, meno di 500 persone, dal giorno del massacro di Józefów alla strage del «giorno del ringraziamento», il brutale Erntefest del novembre 1943, sterminarono di propria mano altre 38.000 vittime e parteciparono alle operazioni che portarono alla morte nelle camere a gas di Treblinka oltre 45.000 ebrei.
Alla fine della guerra, rimasero 210 testimonianze di membri effettivi del Battaglione 101: cosa pensavano, cosa facevano quando davano il loro contributo alla «soluzione finale»? E come razionalizzavano il loro comportamento e tutto quanto era accaduto? Qualcuno sostenne poi di aver ucciso solo bambini e fanciulli per sollevarli dalla loro miseria. Fecero tutto questo perché non poterono disobbedire agli ordini, per una fede cieca nell’autorità, per paura di essere puniti?
Christopher Browning ci conduce ad una verità più sorprendente e preoccupante: no, quegli uomini comuni divennero brutali assassini per spirito di emulazione, per desiderio di carriera. Ovvero: i più banali sentimenti di una ordinaria umanità sono i motori della più estrema inumanità. Ieri e oggi.