Caratteristiche e condizioni:
cm. 20 x 15, pp. 64, legatura a doppio punto metallico, in ottime condizioni.
Contenuto:
Nella prima lettera, quella diretta ad Augusto, del secondo libro delle Epistole, Quinto Orazio Flacco (65-8 a.C.) nel suo amabile conversare affermava che “Graecia capta ferum victorem cepit, et artes intulit agresti Latio”. Intendeva, infatti, che la Grecia, conquistata dai Romani, aveva saputo conquistare la rozza Roma con la bellezza della sua cultura, l’acuzia del suo pensiero e la profondità del suo sentire.
Ciò è valso anche per l’arte medica, che in Roma antica era primitiva e domestica, praticata dal pater familias e si affrancò dall’originaria barbarie solo con l’avvento della cultura greca.
Anche a Trieste, molto tempo dopo e comunque prima del XVIII secolo, si praticava una medicina empirica, spesso dettata dal buon senso, ma non di rado arricchita da astuta ciarlataneria.
Solo con il secolo dei Lumi essa si sveglierà al richiamo della nuova scienza, attingendo, specie nelle Scuole Mediche di Vienna e di Graz, ma anche di Parigi e di Padova, alla fonte di un corretto sapere e di un serio intendimento professionale.
La nazione greca sarà presente, a Trieste, a questo sviluppo della medicina, dando il suo contributo di uomini e di cultura, quasi la dottrina di Alcmeone di Crotone (VI sec. a.C.), di Ippocrate di Coo (460-375 a.C.), di Erofilo di Calcedonia (IV sec. a.C.) e di Erasistrato di Julis (IV-III sec. a.C.) fosse ancora viva ed i Maestri parlassero tutt’ora ai loro discepoli, dopo più di due millenni.
Saranno gli eccellenti Vordoni ad aprire la strada alla presenza greca nella medicina della Trieste passata, una presenza viva e molto decorosa anche ai giorni nostri.