cm. 18,5 x 11,5, pp. 100, brossura, in ottime condizioni.
Secondo la morale cristiana tradizionale i peccati più gravi sono quelli che riguardano l’intelligenza e il suo rapporto con la verità. Già Platone aveva posto come fondamento della saggezza l’attenzione alla verità. Secondo il cardinale Jean Daniélou, uno dei più autorevoli teologi contemporanei, morto nella primavera del 1974, oggi si assiste nella cultura dominante a una degradazione dell’intelligenza che si esprime in tre atteggiamenti errati. Il primo è quello positivista che riduce la realtà a ciò che le scienze positive possono cogliere con i lo ro strumenti: in questa prospettiva quel che non è conoscibile con i metodi scientifici non può essere considerato certo, o addirittura non esiste. Il secondo è il soggettivismo esistenzialista che sostituisce il criterio dell’autenticità a quello della verità: a un essere si chiede di realizzare le proprie inclinazioni, di non frenarle o correggerle secondo norme che trascendono l’individuo. Il terzo atteggiamento è lo storicismo che considera ogni sistema di valori come la proiezione di una determinata struttura sociale, per cui non esisterebbero più valori permanenti e metastorici, ma soltanto storici e transeunti. Reale sarebbe soltanto lo stato di sviluppo di una società da un punto di vista scientifico, tecnico, sociologico. Daniélou critica in questo saggio i tre errori dell’«intelligenza moderna», che tradiscono il concetto tradizionale di cultura, e spiega che soltanto il ritorno alla metafisica può permettere la restaurazione della vera cultura. Per ottenere questo risultato è indispensabile che i cristiani conservino e trasmettano la fede senza la quale una vera cultura non potrebbe sussistere: ma questo, secondo Daniélou, è il problema più difficile da risolvere perché proprio nel mondo cristiano si sta assistendo a un preoccupante sfaldamento della fede e a un suo adeguamento alla mentalità scientista, esistenzialista e storicista.