cm. 21,5 x 15, pp. 398, brossura con sovraccoperta, in ottime condizioni.
Al principio dell’anno I770 il barone d’Holbach pubblicò prudentemente ad Amsterdam, e sotto falso nome, un volume intitolato Sui pregiudizi. L’aspetto eversivo, se così si può dire, del libro consisteva nell’appello ai popoli contro i sovrani che non si dimostrassero sufficientemente «illuminati». Prontamente reagì Federico II di Prussia, l’amico e ammiratore di Voltaire, con un aspro pamphlet intitolato Esame del saggio «Sui pregiudizi». Al re di Prussia volle replicare Diderot, l’anno seguente, con una Lettera sull’«Esame del saggio sui pregiudizi». Ma la lasciò inedita, ed essa tale rimase finché non la scoprì, nel r937, Franco Venturi. Chiamato a Pietroburgo da Caterina II di Russia, Diderot ne ricevette onori grandissimi ed una lauta pensione; e con la zarina si intrattenne discorrendo per mesi di riforme politiche e d’altro. Quindi riassunse il contenuto dei colloqui in un manoscritto in copia unica, gli Entretiens, che donò all’augusta interlocutrice. Ma ritornato in Francia redasse, intorno alle idee riformatrici di Caterina, le ben altrimenti severe Observations: però le lasciò inedite. Nel 1778, ormai stanco e provato nel fisico, Diderot pose mano alla sua ultima fatica: il Saggio sulla vita di Seneca. Sotto l’impressione dell’insurrezione americana, volle aggiungervi in appendice un infuocato appello Agli insorti d’America: ma nella seconda edizione lo eliminò. Questa costante autocensura bene simboleggia il limite entro cui si è venuta sviluppando la visione politica dei philosophes. Un percorso irto di contraddizioni, cedimenti, generose illusioni, di cui Diderot ritenne che potesse essere simbolo appunto la figura di Seneca: del filosofo che si era avventurato nella politica e dalla politica era stato travolto.