cm. 18,5 x 12,5, pp. 210, copertina rigida con sovraccoperta, in condizioni molto buone.
1910-1947: è in questo lungo periodo che l’Italia è interessata da avvenimenti politici straordinari. Due grandi guerre, la rovina morale e militare, una dittatura durissima, la sconfitta dei lavoratori nel primo dopoguerra e la grande prova di coscienza operaia e contadina della Resistenza e delle lotte nel secondo dopoguerra.
In questo arco di tempo vivono i fatti the Mario Dilio racconta, avvenuti in Puglia: i protagonisti sono i lavoratori indifesi, tumultuosi ma consapevoli del proprio ruolo e un uomo, Giuseppe Di Vagno di Conversano, eletto deputato al Parlamento nazionale agli inizi del 1921 e ucciso dai fascisti, barbaramente e alle spalle, il 25 settembre dello stesso anno.
La biografia, ricca di pathos morale e di nuove testimonianze, che Dilio dedica alla figura del deputato socialista, non è destinata soltanto a rievocare compiutamente un episodio che commosse la opinione pubblica e le masse lavoratrici della Puglia e del Mezzogiorno, che per un momento parvero riavere la forza di schiacciare il fascismo, ma ad arricchire il patrimonio spirituale e la volontà di lotta delle forze di rinnovamento.
Traspare dalle pagine di Dilio la contenuta commozione di trovarsi di fronte a uomini che non piegarono di fronte al fascismo trionfante: Giuseppe Di Vagno, Giuseppe Di Vittorio, Alfredo Violante, la cristallina figura dei repubblicani Piero e Vittorio Delfino Pesce, Raffaele Pastore, Peppino Papalia, Giacinto Francia, Tommaso Fiore, tanti, tantissimi operai e contadini che seppero avere la consapevolezza di sentirsi uomini liberi, di guardare al domani e non immiserirsi nel piccolo compromesso quotidiano.
È sintomatico che sia un militante repubblicano ad aver scritto un libro sul martire socialista Di Vagno, in un momento in cui tutto sembra di nuovo vacillare, in una terra che vede sorgere oggi una nuova e più capillare organizzazione neofascista nei comuni.
È il momento di stare all’erta, dice spesso Dilio: quanti hanno disamministrato nei comuni per un quarto di secolo ce li troveremo nuovamente di fronte domani insieme ai fascisti. È questo il pericolo peggiore per noi del Mezzogiorno.