cm. 19,5 x 11,5, pp. 112, brossura, in buone condizioni.
Un ragazzo non ha voglia di lavorare, è definito un fannullone, e allora, contrariamente a ogni logica del mondo borghese, dichiara che proprio per questo è sicuro che, andandosene nel vasto mondo, farà fortuna. E la fa. Una carrozza con due belle dame passa e lo raccoglie. Dove Vuole andare? A Vienna, risponde tanto per dire qualche cosa. Ma le dame vanno davvero a Vienna, o meglio in un castello dei dintorni. Seguono nuove avventure in una Roma surreale. Quando sembra che ci sia una pausa, ecco che sorge un richiamo – la voce dello zigolo o dell’allodola, il suono delle campane, il corno del postiglione, o una lettera, o una figura intravista – e la corsa ricomincia daccapo. A Vienna e al Danubio il racconto ritorna dopo la scorribanda in un’Italia che è vista anch’essa con occhi più austriaci che tedeschi. Certo, tutto questo è molto romantico e insieme non lo è. Sta qui la promessa del racconto: quella di un mondo totalmente diverso dal nostro, in cui l’abbandono fanciullesco alla natura e al sentimento sia garanzia di pienezza, laddove nel nostro è garanzia di sconfitta. Una fiaba, ma così nitida e sognata ad occhi aperti che rende plausibile quel vagheggiamento della liberazione dall’alienazione in cui consiste il migliore retaggio del romanticismo. Eichendorff ha trovato la formula magica con cui «il mondo inizia a cantare». Nei centocinquant’anni trascorsi altre formule magiche, quelle della scienza e della tecnica, hanno reso verosimile l’emancipazione dal lavoro, la vita del Fannullone, al di fuori della fiaba e dell’intuizione poetica, senza conti e castelli, ma al contempo hanno portato l’alienazione a un grado inimmaginabile e fanno spietatamente ammutolire ogni canto del mondo. La rilettura del racconto non può prescindere dalla consapevolezza di questa situazione, cui non giova più alcuna formula magica.