cm. 23 x 16, pp. 122, copertina rigida con sovraccoperta, in ottime condizioni.
Wilde, Yeats, Joyce, Beckett: non c’è un filo semplice e continuo che leghi questi quattro conterranei e quasi contemporanei, ma piuttosto un garbuglio, una ragna labirintica che Richard Ellmann dipana con acume di amateur e rigore di studioso in altrettanti saggi monografici ove, con prosa amabilmente ironica, il critico letterario offre nuovi spunti interpretativi avvalendosi sia dell’esame del testo sia di numerosi aneddoti inediti.
L’amore di Wilde per il paradosso viene messo in relazione con la sua bisessualità e le opposte tentazioni del cattolicesimo e della massoneria, la fecondità creativa dell’ultimo periodo di Yeats con l’operazione chirurgica a cui si sottopose per ricuperare la potenza virile; e apprendiamo che per Joyce il rapporto tra realtà e narrazione era così importante che chiedeva alla moglie Nora Barnacle di tradirlo “per avere qualcosa di cui scrivere”, e che lo spirito contraddittorio di Beckett avrebbe voluto correggere “l’essenza di rosa” delle poesie giovanili di Yeats con “una bella zaffata di letame”.
Ne risulta un ritratto dello spirito irlandese pugnace, vitale, individualista e sfrenatamente multiforme, per il quale vale forse ciò che Wilde diceva dell’arte: “La verità è ciò di cui è vero anche il contrario”.