cm. 21 x 14, pp. 120, brossura, in ottime condizioni.
Nel pensiero di Leibniz, la Ragione comprende e riconosce come parte dell’armonia anche la dissonanza, l’irrazionale, l’elemento che da sé non è in grado di entrare nella costituzione di un rapporto, ma trova piuttosto la propria giustificazione nella dinamica dell’intero: è questo il ruolo dell’incommensurabile in geometria, dell’oscurità nelle arti figurative, della contingenza e della finitezza nell’ambito della metafisica.
Ed è questo anche il ruolo, nella musica, della dissonanza: una realtà che, nella considerazione della scienza fisica, rientra con certezza – insieme alla consonanza in quella dinamica delle frequenze che – costituisce l’armonia e, nell’ambito della composizione, non solo “può” ma in un certo senso “deve” appartenere alla scrittura del musicista, rivestendo un significato non solo estetico, ma più in generale filosofico, tanto da corrispondere, in piccolo, alla “grande opera architettonica” voluta da Dio.
La lettura in chiave etica dell’armonia musicale proposta da Leibniz non è una semplice metafora, ma è l’approdo di un dibattito scientifico che coinvolge alcuni dei maggiori teorici della musica e matematici dell’epoca – da Zarlino a Kircher, da Huygens a Euler, a Rameau, fino al confronto con la pratica compositiva conosciuta da Leibniz nel suo soggiorno parigino ed evocata all’interno dei Saggi di Teodicea, nel nome di J.B. Lully.