Fabi, Lucio – UOMINI, ARMI E CAMPI DI BATTAGLIA della Grande Guerra – 1995
cm. 27,5 x 21, pp. 150, brossura, in ottime condizioni.
Esattamente ottanta anni fa, in una calda domenica di Pentecoste, l’ItaIia dichiarava guerra all’Austria-Ungheria. Il teatro della Grande guerra, che già si combatteva da quasi un anno, si aprì dunque anche sul fronte italo-austriaco: dallo Stelvio all’Adriatico, con un proscenio di circa 600 chilometri di trincee e di morte, su cui tennero banco la sanguinosa guerra di trincea carsica e l’altrettanto terribile guerra «bianca», portata per la prima volta sin sui tremila metri. Il primo conflitto mondiale fu una guerra totale, combattuta con forza e disperazione dai soldati in trincea e dalle popolazioni del cosiddetto fronte interno, alle quali i paesi belligeranti chiesero un grande tributo di sangue, entusiasmo, lavoro. Fu il primo esempio della guerra di massa, di proporzioni e caratteristiche industriali. Assieme al secondo e più perfezionato conflitto, fu un bagno di sangue dalle dimensioni difficilmente riproponibili, soprattutto per gli strascichi che continuò a produrre. La morte divenne un’esperienza quotidiana, sui campi di battaglia come nelle case delle famiglie che trepidavano per la sorte dei loro cari. Circa 650.000 furono i caduti dell’esercito italiano, ma almeno altrettanti, nello stesso periodo, furono i decessi di civili, in gran parte anziani e bambini, per malattie varie direttamente conseguenti al conflitto, tra le quali emerge drammaticamente la spaventosa epidemia di influenza «spagnola» che afflisse tutti i paesi in guerra. L’esercito austro-ungarico, impegnato su vari fronti, accusò la morte di oltre un milione di soldati, mentre rimane imprecisato il numero dei decessi di civili. Su scala ancora più ampia, la Grande guerra produsse la morte di poco meno di dieci milioni di soldati e, seppur indirettamente, di un numero quasi corrispondente di civili. Per il giovane Regno d’Italia, la guerra portò a compimento il travagliato percorso risorgimentale; l’Impero asburgico ne uscì disintegrato e dalle sue ceneri emersero, non senza contraddizioni, le diverse nazionalità che lo componevano.