Caratteristiche e condizioni:
cm. 23,5 x 16,5, pp. 392, copertina rigida con sovraccoperta, un paio di macchioline in copertina, in condizioni molto buone.
Contenuto:
L’idea di scrivere la storia globale di un rione non è nuova, anche se non sempre tutte le imprese sono riuscite al meglio. Ma nuovo e originale ci pare in questa fatica di Fabio Zubini, già autore di un bellissimo racconto su Roiano che troviamo riedito nella parte finale del volume, il gustosissimo brio che pervade l’intero scritto, per cui il lettore viene condotto, attraverso una scansione logica e consequenziale, inframezzata da un corredo fotografico di prim’ordine, nelle vicende delle origini lontane e oscure di Scurcula, allorquando, e siamo già nella prima metà del XVIII secolo, unica testimonianza storico-cartografica della valle erano i campi e le vigne.
Ed ecco scorrere sotto i nostri occhi la storia, il folclore, la cultura, l’arte, l’industria, la sanità, gli ecclesiastici, i censimenti, le osmize di una Roiano che ha avuto un suo porto e perfino uno squartatore, alla pari di Londra.
Ma il testo si impone ad una lettura piacevole anche per le capacità dell’autore nel riportare spaccati di storia e di tradizioni di una Trieste nascosta, poco conosciuta, un po’ ritrosa a mostrare le proprie bellezze, quasi una iuza che si cala da Scala Santa in città con il fazzoletto bianco che le corona il volto, fatto rosso e rubicondo per la bora, che unisce e divide le genti del Carso dalla sottostante città. E ci si riappropria così di termini antichi e familiari che la omologazione consumistica sembrava aver strappato per sempre dalla nostra memoria e dal nostro uso quotidiano: mulza, paizer, cùguluf, putiza, presnitz, friza, iúza, osmize.
Ed è forse questo il maggior pregio del libro: l’aver saputo cogliere nel ripristino di linguaggi e di immagini così ricche e colorate del nostro Carso il sapore di cibi, di odori, di ricordi giovanili ma non per questo infantili, di valori e di memorie delle nostre genti, che troppo spesso questa Città macina e trascina senza rimorsi. E le bellissime pagine scritte nel 1845 da Pacifico Valussi, riportate nel capitolo dedicato a “Il Lazzaretto Nuovo di Santa Teresa”, ne sono una qualificata ed elevata testimonianza.
Uno spaccato di storia cittadina esauriente e ricco di riferimenti precisi e puntuali, dal quale emergono anche i problemi che da sempre hanno animato questa città, ma anche le grandi intuizioni che l’Imperial Regio Governo ha avuto in campo educativo, come i ricreatori, che tanto hanno dato e continuano a donare alla gioventù meno fortunata che popola il rione.
Molto preziosi appaiono a questo proposito i “Quaderni di cronaca della scuola di Roiano” o meglio “La storia contemporanea vista dalla scuola”, come li chiama l’autore, dove le vicende, in molti casi dolorose e tristi che hanno visto il rione di Roiano, anche per la sua collocazione geografica, protagonista.
Storia economica e sociale, storia della lingua e delle tradizioni, delle professioni e dei mestieri, ma soprattutto storia umana, che, con le sue stratificazioni sociali ben definite e storicamente consolidate, ha visto convivere in Roiano sloveni, italiani e tedeschi, come viene testimoniata da Paolo Merku nel bellissimo capitolo su “I cognomi di Roiano”.