cm. 18,5 x 11,5, pp. 322, brossura, in ottime condizioni.
La teologia contemporanea sta attraversando una crisi profonda: molti teologi hanno voltato le spalle alla teologia classica come scientia sacra per condizionare il messaggio di salvezza alle mutevoli e ambigue suggestioni delle cosiddette «scienze umane». Di qui lo scivolamento del pensiero teologico sul piano inclinato della demitizzazione, del secolarismo e perfino della cosiddetta morte di Dio. Di qui la scomparsa, ovvero storicizzazione, del concetto di dogma e di legge naturale, lo svuotamento del contenuto teologico del peccato e della grazia a favore di un configurarsi fluido della coscienza nelle mutevoli componenti della situazione culturale ed esistenziale. Questa teologia progressista ha un carattere diverso dal modernismo, condannato dalla Pascendi e che sulla scia del soggettivismo protestante si configurò come la rivalsa della sfera soggettiva dell’esperienza religiosa individuale sull’affermazione oggettiva del dogma; è invece l’estrapolazione di ogni istanza religiosa profonda nell’orizzonte pianificato dell’uomo contemporaneo. Cornelio Fabro analizza e critica in questo libro le varie correnti della teologia progressista europea e italiana spiegando che il loro «orizzontalismo» finisce col dirottare la trascendenza della fede nelle realtà temporali e identificare l’ideale cristiano con le aspirazioni immediate dell’uomo dell’epoca consumistica. In questa prospettiva è perduta l’originalità della «libertà di scelta» che è la difesa più alta della dignità dell’uomo nel conflitto degli eventi. E viene perduto, una volta tolto l’Assoluto metafisico, il fondamento stesso della «speranza» come realtà e volontà di trascendere per la salvezza eterna che rimanda alla profondità, altezza e larghezza del mistero di Cristo. Ma la modernità autentica e il rinnovamento della riflessione teologica si possono attuare soltanto nella fedeltà alla tradizione, secondo la regola aurea di Vincenzo di Lerines, per la quale il vero progresso teologico si attua in eodem sensu et in eadem sententia, così da dire in modo nuovo la verità antica, cioè perenne, e da salvare l’uomo nuovo dagli errori antichi e nuovi.