Caratteristiche e condizioni:
cm. 19,5 x 11,5, pp. 330, brossura, in condizioni molto buone.
Contenuto:
Se c’è molto (quasi tutto) da rifare, e quel che vediamo intorno a noi non lascia luogo a dubbi, allora non possiamo far finta di nulla né rammentare le difese e le repliche che servirono trent’anni fa. Non possiamo esimerci dal procurarci subito più efficienti strumenti di misura, sistemi di priorità, meccanismi di analisi e di sintesi. Dobbiamo impiegare bene “il tempo del ritiro”, nel quale, fingendo di non saperlo per evitarne gli specifici doveri, viviamo già da tempo.
Il libro si divide in due parti complementari. La prima ragiona sui rapporti tra “il presente come storia” e alcune categorie o individui che le vivono. È su tre capitoli. Il primo considera situazioni estreme: due studiosi marxisti, uno dei quali al letto di agonia dell’altro; lo stalinismo e il “punto di vista della totalità”; modo comunista e modo anarchico di affrontare i giudizi capitali; la condizione di un Valpreda, in un’Italia che può diventare anche il Cile; il significato di una lapide. Il secondo capitolo discorre della situazione del 1968 e degli anni subito seguenti: che cos’è e che cosa dev’essere l’autorità; la disputa sul ruolo degli intellettuali; i confini dell’erotismo; le responsabilità del linguaggio; la ricorrente illusione di chi crede di poter prendere alloggio nel Negativo. Nel terzo capitolo mi chiedo che cosa si può fare per andare oltre le peggiori consuetudini della scrittura di informazione e saggistica e i luoghi comuni su impegno e disimpegno.
La seconda parte vuole applicare e verificare quel che è stato detto nella prima. Sono paesi, personaggi e situazioni simboliche: l’Unione Sovietica del dissenso vecchio e recente, la Cina rivisitata dopo la Rivoluzione Culturale e riconsiderata dopo la morte di Mao; alcuni “compagni separati”, come Vittorini, Panzieri, Pasolini; gruppi, riviste di incontro e scontro; esempi della letteratura francese e tedesca; domande sulla funzione critica.