cm. 21 x 13,5, pp. 300, brossura con sovraccoperta, qualche segno al piatto posteriore, in buone condizioni.
Abbiamo avuto in questi anni storie partigiane e storie di guerra, ma non c’è stata una storia dei protagonisti anonimi, di milioni di soldati e cittadini che questa guerra hanno vissuto e sofferto.
Questo Coro della guerra, con le sue venti storie parlate in prima persona dagli stessi protagonisti, che provengono quasi da tutte le regioni d’Italia, fornisce un quadro di come il popolo italiano ha vissuto, sofferto, «digerito» la guerra: vissuto non tanto nei suoi episodi più vistosi, quanto nei sentimenti, nei pensieri, nel modo di porsi del singolo cittadino di fronte alla vita e al dramma del proprio paese.
Due giovani giornalisti, Rina Macrelli e Alberto Pacifici, raccolsero due anni fa un ampio materiale documentario per una trasmissione televisiva che ebbe molto successo. Ma in televisione solo una piccola parte venne utilizzata: restarono fuori intere storie, tanti racconti e ancora figure e volti che non possono rimanere ignoti. Perciò Macrelli e Pacifici ripercorsero tutta l’Italia per incontrare nuovamente gli intervistati e dare nuovo ordine al materiale in vista della pubblicazione in volume, che già Alfonso Gatto aveva accettato di presentare e curare in ogni pagina.
I testi prescelti sono umili, nel senso più alto del termine: ogni narratore cerca di ricordare, affollato dai suoi ricordi di cui spesso stenta a trovare il filo, quasi lottando tra la traccia temporale degli avvenimenti e l’urto delle evocazioni più intense.
L’operaio romagnolo, il manovale di Marino, la sopravvissuta di Marzabotto (che fa la domestica, e non ha ancora ottenuto la pensione), il commerciante ebreo di Ferrara, il portinaio veneziano, il parroco veronese, la vedova del marinaio napoletano, e tutti gli altri, narrano con semplicità le proprie storie, ed ogni racconto è esemplare della con dizione umana della gran parte del nostro popolo. Fra le molte testimonianze raccolte originariamente da Macrelli e Pacifici sono state scelte quelle che riproponessero il viaggio di andata verso la guerra, perché come dice Alfonso Gatto nella prefazione «nella guerra e contro la guerra si colgono meglio i valori di un popolo che cominciava ad essere nel momento in cui la nazione era finita».