cm. 22 x 14, pp. 234, brossura, copertina parzialmente distaccata, in buone condizioni complessive.
Stampate il libro, non abbiate timore per la mia persona. Inviando all’estero il manoscritto della Nuova Classe, Milovan Gilas, già condannato a tre anni di carcere, ha affrontato, o forse cercato, un nuovo più grave processo. Il regime di Tito l’ha ora condannato a sette anni di carcere duro. Il coraggio morale, l’abnegazione di Gilas, se non aggiungono verità alle sue molte ragioni, conferiscono alla sua testimonianza un’autenticità di particolare evidenza. Anche per questo la Nuova Classe è di gran lunga più importante dei vari libri di ex-comunisti che vengono comparendo in Occidente. La scoperta della libertà, o meglio, il riconoscimento che la rivoluzione comunista, ben lungi dal raggiungere gli scopi ideologicamente affermati, porta al potere una nuova classe, oppressiva e reazionaria più di ogni altra: è questa la conclusione cui sono pervenuti, e pervengono, molti uomini che pure hanno militato con coraggio e convinzione nelle file rivoluzionarie. Il libro di Gilas è l’ultimo di una serie di scritti che, da quaranta anni a questa parte, vengono demistificando il comunismo leninista-stalinista. Ma l’analisi del la Nuova Classe ha un vigore morale e una compiutezza storica che le conferiscono una maturità e un’evidenza straordinaria. Scritto prima della Rivoluzione d’Ungheria, il libro di Gilas, là dove esamina i problemi posti dagli sviluppi khrushcioviani, ha valore profetico. Dal democratico, prigioniero in Jugoslavia, viene una lezione di libertà intellettuale e di serietà morale per quanti, troppo facilmente, si baloccano con le formule per continuare a non vedere, o per non vedere del tutto, lo scandalo dell’oppressione.