cm. 24 x 16,5, pp. 146, copertina rigida con sovraccoperta, in ottime condizioni.
I giorni del magico apre una nuova collana di testi e studi etnografici riguardanti il Friuli Venezia Giulia. Il gioco delle I date ha suggerito l’opportunità di iniziare con una raccolta di saggi sui rituali invernali e sulle tradizioni natalizie. Il titolo, allusivo, vuole accennare a una situazione di fatto che caratterizza alcuni aspetti di racconti, credenze, significati e funzioni di usi connessi con questa parte dell’anno, e contemporaneamente all’interpretazione che ne hanno dato i folkloristi.
Il Natale conserva ancora oggi, magari soltanto grazie alle vacanze scolastiche, le caratteristiche di una “festa lunga” che ingloba Capodanno e l’Epifania. Cosi, una istituzione moderna (la scolarizzazione di massa ha meno di un secolo) mantiene in uso un tratto arcaico che avvertiva come unitario e organico il periodo delle “dodici notti”: o, forse, questo tratto dalle origini lontane è ancora tanto vivo dentro di noi da condizionare il calendario scolastico della società post-industriale.
Il dubbio non è di maniera. Le feste natalizie sono profondamente cambiate; eppure nessuno degli elementi che le caratterizza (i regali, gli auguri, l’attenzione ai bambini, i dolci e i cibi speciali, la veglia e il ce none di fine anno, i botti, le settimane bianche, l’allegria, i coscritti, la contrapposizione fra Gesù Bambino e Babbo Natale, l’albero, le luci, ecc.) è privo di legami con il passato. Le feste di fine (e inizio) anno lasciano osservare meglio che in altri casi come la tradizione si intrecci con il cambiamento, come le esigenze di oggi (anche quelle del consumo e del profitto; anche quelle del rifiuto del consumismo e della perdita di identità) possano trovare risposta in usi antichi quando questi mantengano echi profondi e tocchino le esperienze vitali e difficili del cambiamento, del rinnovamento, della trasformazione, della necessità di crescere e del desiderio di rimanere bambini, sicuri protetti.