cm. 19,5 x 11,5, pp. 88, brossura, firma di appartenenza e timbro ex-libris, in ottime condizioni.
Per parlar chiaro: in questo libro non si negano le atrocità della guerra. Ci si prende la responsabilità totale di volgere lo sguardo su «terze cose», e di far lo fuori tempo, fuori dall’attualità, verrebbe da dire fuori sincrono. Sì, perché la «Giustizia per la Serbia» invocata dal sottotitolo non accenna ai tribunali, che sono qui ovviamente fuori discussione, ma a quella «partecipazione (tele)visiva» di cui sembra non si possa fare a meno neanche per arrivare alla realtà di sotto casa. «Cosa si sa là dove si possiede un sapere a base di internet e on line, privo di qualsiasi sapere effettivo, che può nascere solo dall’imparare, guardare e imparare? Cosa sa chi al posto di un fatto si trova davanti unica mente all’immagine dello stesso, o, come nei notiziari televisivi, a uno stenogramma dell’immagine, o, come nel mondo della rete informatica, allo stenogramma di uno stenogramma?». L’editore sa che questo libro ha subito lo stesso trattamento che denuncia. E, quindi, ha deciso per insistere.