cm. 21 x 13, pp. 152, volume rilegato con copertina originale conservata, in buone condizioni complessive.
Ecco il testo con gli a capo corretti:
“Compilare nuove Strenne ed Almanacchi in mezzo a tanta farraggine di libri, fregiati di cotali titoli, in vero egli è come voler versare una tazza d’acqua nell’Adriatico, e chi vi pone mano, a questi chiar di luna, ove si vogliono novità che non stieno sul tirato, rischia di sciupare fatica e danaro a tutto profitto dei salumai, a meno che egli non voglia transigere con la coscienza e a solo scopo d’interesse ami meglio secondare il genio degli spensierati del giorno, che vaghi solo di frivolezze e scipitaggini, mettono il libro in un canto, quando l’autore non si sbracci per le teorie della piazza, a cui oggi si battono le palme, e domani ne diranno corna i più radicali figliuoli.
Avendo già l’anno scorso compilato la prima Strenna Triestina, cui battezzammo Il Campanone di San Giusto, dando anche la ragione di questo titolo, ci doleva l’animo di farla morire con l’anno, ma checché avvenisse, ci decidemmo di continuarne la compilazione anche nell’anno 1879, visto che questa fu accolta con benevolenza dai buoni Triestini, e quindi non indarno lusingandoci di vederla entrare ancora ospite gradita presso quelle famiglie, in cui all’affetto di patria si sposa pur quello della religione.
Non è già che la nostra Strenna la pretenda a gran cosa, ché noi non siamo da tanto; ma ci ingegnammo di dare cominciamento ad una pubblicazione di morale e patrio interesse, che ad altri sia stimolo a far meglio.
Quest’anno si credette di elaborare con qualche estensione il Calendario, arricchendolo di brevi notizie sulle feste, sui Santi e sulla liturgia, sperando così d’interpretare un sentito bisogno, a cui non posero mente i soliti Calendari nostrani, per lo più spicciativi e intesi in gran parte a pascerci d’inani curiosità. Che se malgrado le nostre umili pretese, non avremo stancato la critica severa ed appassionata, non dubitiamo che i più ci faranno grazia del loro compatimento, condonando alla nostra inettitudine, e solo in noi apprezzando il buon volere, che tende a giovare come che sia al popolo, ed allo scopo di beneficenza, a cui è consacrata la nostra debole fatica. Guidati perciò da sì buoni intendimenti e soffolti dalla carità dei nostri concittadini ci accingiamo a suonare anche quest’anno Il Campanone di San Giusto, augurando ai nostri benevoli Lettori la copia di tutti quei beni, che rendano lieti i loro giorni nella contentezza del cuore, nella sanità del corpo e nelle gioie serene fra le domestiche pareti.
Trieste, Novembre 1878.
L’Editore.”