Caratteristiche e condizioni:
cm. 20 x 14, pp. 148, brossura, in ottime condizioni.
Contenuto:
“In una sua famosa pagina, Kafka racconta l’incontro, avvenuto in treno, con un viaggiatore che non riesce a capire, nonostante le sue spiegazioni, quale sia la sua nazionalità, se egli sia ceco, austro-tedesco o qualcosa d’altro ancora. Kafka, ebreo praghese di lingua tedesca, è un modello esemplare di quella Mitteleuropa sovranazionale che appare sempre più uno specchio della nostra identità perduta, l’immagine della totalità che si è dissolta. In quell’ordinata e composita ecumene ci si era accorti, come scrive Musil, che l’edificio della civiltà era campato in aria e poggiato sul nulla. I poeti e gli scrittori del mondo danubiano hanno vissuto e rappresentato quell’eclissi dell’universale che ci coinvolge ancor oggi e che contrassegna il moderno. L’hanno rappresentata senza illusioni, ma anche senza arrendersi e conservando una tenace esigenza della totalità svanita e dell’irreperibile senso della vita. La cultura danubiana, in questi anni, è stata ed è di gran moda in Italia. Come ogni moda, anche questa ha avuto i suoi meriti e le sue esagerazioni, ha contribuito a far conoscere grandi scrittori e ad appiattirli in generalizzazioni stereotipe. Come ogni moda, anche questa ha provocato quel fenomeno, altrettanto vistosamente pubblicitario, che è la reazione alla moda, l’affrettata e conformistica liquidazione. Al di là di ogni preconcetta infatuazione e di ogni preconcetta ripulsa, quella grande cultura ha ancora molte zone inesplorate e voci da scoprire, specialmente negli autori della periferia asburgica che, scrivendo nelle più varie lingue di quel mosaico, hanno vissuto quel mondo nelle forme più originali e diverse. Sono voci, maggiori o minori, che ci raccontano la nostra storia e che questa collana si propone di far conoscere, sperando che, per loro tramite, il lettore possa sentire, come il conte Morstin di Joseph Roth, più familiare la vastità del mondo lontano e più nuova e misteriosa la vicinanza del mondo quotidiano in cui egli vive.”
Claudio Magris