Caratteristiche e condizioni:
cm. 21,5 x 14, pp. 1008, copertina rigida con sovraccoperta, in buone condizioni.
Contenuto:
Dopo aver dedicato a «La paura in Occidente» un fortunato volume, tradotto anche in Italia nel 1979, Jean Delumeau estende e approfondisce in modo magistrale, in questa nuova opera, la sua indagine su alcuni importanti aspetti della sensibilità diffusa, fra medioevo ed età moderna, fin qui sommariamente studiati. Proprio nel Rinascimento, l’età in cui letterati e artisti celebravano la grandezza e la dignità dell’uomo, emerge con chiarezza un generale inasprimento della visione negativa del mondo, con il corrispondente gusto per il macabro e il morboso. Delumeau coglie, nella concezione del peccato e della fragilità della natura umana, e nel disprezzo per il mondo proposto dall’ideale ascetico medievale, la radice dell’ipercolpevolizzazione che si rintraccia in tante manifestazioni della mentalità popolare (e non solo popolare) fra il XIII e il XVIII secolo. Analizzando nel tempo quella che può essere definita una pastorale della paura e del peccato (dalle minacciose prediche dai pulpiti ai libri di edificazione, dalle memorie di santi e beati all’iconografia macabra) l’autore costruisce la storia di una mentalità che ha trovato espressione ben oltre la stessa sfera religiosa. Allo storico appartiene però non solo descrivere l’iter secolare di una mentalità, ma darne, se possibile, le ragioni. È indubbio che, come a lungo e con dovizia di documentazione ci mostra Delumeau, l’accumularsi, dal secolo XIII al XVIII, di calamità, di orrori bellici, di mostruosità vere o presunte ha potuto rappresentare un supporto alla pastorale della paura. Che di fatto, se da un lato si configura come uno sforzo immane e indefesso per condizionare la coscienza, dall’altro di tale coscienza rappresenta anche lo specchio fedele.