cm. 21 x 15,5, pp. 566, brossura, leggere gore al piatto anteriore, in condizioni molto buone.
Secondo volume della Mitologica, quest’opera prolunga e sviluppa le analisi del Crudo e il cotto. Si tratta di uno sviluppo che, senza allontanarsi dall’area culturale precedentemente esplorata, fa compiere all’indagine complessiva, dedicata appunto ai miti sudamericani, una svolta essenziale. Se nel primo volume del ciclo il discorso era polarizzato dall’opposizione di due grandi categorie culinarie come il crudo e il cotto, dietro la quale traspariva l’opposizione tra stato di natura e stato di cultura, ora, con Dal miele alle ceneri, il campo d’indagine si amplia: compare in primo piano una problematica che, pur essendo ancora imperniata sulla opposizione fondamentale tra natura e cultura e pur utilizzando, per esprimersi, un codice molto vicino a quello culinario, conduce il pensiero mitico a uno stadio più avanzato. Rispetto all’antitesi fra crudo e cotto, quella fra miele e tabacco si rivela più complessa: da un lato, per il fatto di presentarsi come cibo già pronto, il miele è al di sotto della cucina e esprime tutto il potere di seduzione della natura; d’altro lato, il tabacco, che per essere consumato deve venire bruciato (e non soltanto cotto), è al di sopra della cucina, e tende a riavvicinare l’uomo agli esseri soprannaturali. Il compito del tabacco è di ripristinare ciò che la «caduta» provocata dal miele ha interrotto, ossia quella «comunicazione con il soprannaturale» che permette alla cultura di non risolversi nella pura vita di natura, soprattutto quando, in periodo di siccità e di carestia, l’unico mezzo di sussistenza è rappresentato dai prodotti selvatici. Ma a questa novità sul piano semantico fa riscontro un avanzamento sul piano formale. I miti relativi all’origine della cucina si fondavano su opposizioni inerenti alla sfera della sensibilità, come quelle fra crudo e cotto, fresco e putrido, secco e umido, ecc. A questa «logica della sensibilità» subentra, in Dal miele alle ceneri, una «logica delle forme», vale a dire che il gioco delle opposizioni non si instaura più fra categorie sensibili, ma fra caratteristiche di ordine relazionale e formale, come vuoto e pieno, contenente e contenuto, interno e esterno, ecc. I miti che questo volume analizza utilizzano degli scarti differenziali che «non consistono tanto nelle cose stesse quanto in un corpo di proprietà comuni, esprimibili in termini geometrici e trasformabili l’una nell’altra per mezzo di operazioni che sono già un’algebra». Il pensiero mitico degli indios sudamericani rivela così una capacità d’astrazione e di formalizzazione che lo imparenta con un momento essenziale della cultura occidentale: quello in cui il pensiero mitico, raggiungendo la sua espressione più alta, è sul punto di risolversi nella riflessione filosofica e scientifica.