cm. 29,5 x 21, pp. 156, brossura, in ottime condizioni.
La cura con la quale i recentissimi trovamenti di Romans d’Isonzo sono stati ordinati, conservati e proposti al pubblico indica che sta crescendo in Italia l’attenzione all’archeologia postclassica e che essa trova nelle Soprintendenze alle Antichità il suo essenziale riferimento di tutela e di ricerca, in assenza del cui intervento attivo moltissimo si perde. Viene infatti a mancare non solo uno strumento istituzionale, ma anche la conoscenza delle complesse vicende territoriali nel lungo periodo che, almeno per l’alto medioevo, non possono prescindere dal riferimento alle fasi tardo romane ed alla difficile integrazione fra nuove presenze germaniche e contesto romanzo.
Va inoltre connotandosi, nella giovane archeologia altomedievale nostrana, una netta tendenza a superare quell’indirizzo degli studi che, forte dell’evidente koiné delle genti germaniche diffuse in Europa, ha privilegiato questo aspetto, trascurando completamente ogni interesse per le complesse dinamiche culturali che le invasioni determinano all’interno della degradata struttura dell’Impero romano: un disinteresse che, soprattutto in Italia, non ha tardato a mostrare tutti i suoi limiti Per altri aspetti, tuttavia, i reperti di necropoli come anche nel nostro caso continuano ad essere il fossile guida per la ricerca archeologica, rispetto al più complesso scavo d’insediamento, la cui rarità denuncia purtroppo la carenza di una dimensione di programma negli interventi di campo.
L’interesse per questa necropoli longobarda in Friuli risiede anche nella cura con cui è stato condotto lo scavo e nella sollecitudine per la pubblicazione anche se parziale dei ritrovamenti. Non si può non sottolineare, infatti, che si è in attesa delle rivelazioni connesse alla Mostra Longobarda prevista per il 1990, per conoscere nuovi dati relati vi sia ai restauri, finalmente avviati, del materiali di vecchio trovamento, sia a più recenti scoperte, non ancora rese note in sede scientifica Il quadro delle conoscenze per l’età altomedievale del Friuli, regione chiave per ricostruire non solo il primo impatto dell’invasione longobarda, dipende ancora dai casuali rinvenimenti iniziati nel secolo scorso, ma ancor più dalla devastante pratica dello smembramento dei contesti che ne è seguita e che, nonostante gli sforzi di M. Brozzi e di altri, non potrà essere risarcita altro che da nuove e rigorose ricerche, come le attuali.