cm. 32,5 x 28, pp. 160, copertina rigida con sovraccoperta (ingiallimenti), firma di appartenenza, in buone condizioni.
È famosa la battuta con cui Picasso ribatté alla pretesa di trovare una nuova soluzione al problema figurativo: “Inanzitutto non esiste soluzione, non c’è mai soluzione, per fortuna!”. Ma in realtà non si tratta di una semplice battuta: un’opera intera testimonia chiaramente che, almeno per Picasso, è proprio così. È la molteplicità delle soluzioni possibili che costituisce la soluzione globale, ma pur sempre parziale, su cui si fonda l’insieme dell’opera picassiana. Ecco il punto di partenza dell’introduzione di Maurice Jardot all’opera grafica di Picasso. L’acutissimo critico francese affronta anche gli ormai proverbiali quesiti che il pubblico, sbalordito e poi quasi immancabilmente conquistato, suole porsi davanti a questo irresistibile protagonista dell’arte moderna: leggibilità (cioè comprensibilità) delle sue pitture e disegni, ricerca del loro significato, giustificazione delle figure mitologiche o “mostruose”. “Nessun’arte” osserva il nostro critico “immerge radici più profonde nella realtà quotidiana; nessuna mette così spesso e radicalmente in dubbio la realtà, sulla quale pur sempre si appoggia.” Lo Jardot caratterizza inoltre i vari periodi di Picasso grafico, i rapporti del disegno con la pittura, diversi a seconda delle occasioni e dei momenti.
Così raccolti e presentati, i disegni di Picasso, oltre che costituire una stupenda galleria, compongono un libro fondamentale per la comprensione dell’autore, come ci confermano numerosi esempi: la pittura, in un dato periodo, è per Picasso soltanto un disegno su tela che sfrutta le risorse del tratto (opere tra il 1922 e il 1925), o dell’acquerello con olio (a partire all’incirca dal 1930). Opere come Guernica utilizzano quasi esclusivamente i mezzi speciali del disegno, e il periodo cubista fu caratterizzato dal chiaroscuro a toni grigi e marrone tenue. “Catturare” Picasso in un libro? Impossibile. “Se davvero” nota argutamente lo Jardot “il più grande rimprovero che si possa muovere ad Aristotele è di essere stato definitivamente Aristotele, siamo certi che nulla di simile si potrà imputare a Picasso.” Tuttavia si potrà almeno segnarne, come fa questo libro, una serie di raggiungimenti, più conclusivi che qualunque pretesa o partito preso di “concludere”.