cm. 21,5 x 14, pp. 282, copertina rigida con sovraccoperta, in ottime condizioni.
Due “mostri sacri” come Ludovico il Moro e Leonardo da Vinci sono i protagonisti di questo libro che, rifacendosi a una celebre annotazione del Codice L – «Il duca perso lo stato, la roba e libertà…» – assume la figura del Moro come l’espressione più massiccia e corposa dell’ambizione e del potere, men- tre lo spirito, l’opera e l’esistenza stessa di Leonardo si configurano come qualcosa di sempre inafferrabile, come l’essenza della libertà. ln questo nuovo “taglio” la figura di Leonardo, tante mai volte descritta, diventa nuova, si spiega nei suoi misteri, e spiega coi suoi misteri il passaggio fra medioevo e età moderna. Leonardo compare, scompare, ricompare a somiglianza di certi personaggi-simboli di Ingmar Bergman: segna con la sua presenza, le opere, l’enorme materiale dei codici, il punto dell’epoca che muore e il presagio di quella che verrà. Milano, nel trentennio 1482-1513, da città numero uno in Europa (in concorrenza con Venezia) diventa campo di battaglia conteso fra le Grandi Potenze, e stallaggio di invasori d’ogni specie. ln posizione chiave tra le due date si svolge l’impresa di Carlo VIII, il primo blitz politico-militare della storia europea, nel corso del quale il bronzo destinato alla fusione del monumento a Francesco Sforza finisce in cannoni: un episodio emblematico dei rapporti fra Ludovico e Leonardo, e Leonardo e il suo tempo. Ci sono tornei e feste in questo libro, ma anche epidemie e carestie; ci sono gli artisti, gli scienziati, gli stampatori, gli astrologi, gli artigiani, il popolo; tre spose bambine e un duchetto senza corona; la paga degli artisti e la giostra del potere; la Milano anni novanta di Ludovico e la Lombardia del primo Cinquecento, pochissimo raccontata sino ad oggi, pantagruelica e devastata. Guido Lopez dipinge a grandi pennellate questo paesaggio con figure, da storico che ha studiato le fonti e detesta le storie romanzate, ma anche da narratore che ama farsi leggere, alternando a citazioni d’epoca (specialmente lettere di ambasciatori ficcanaso) una critica distaccata, non priva di humour, come già fece con Festa di nozze per Ludovico il Moro e, sotto altro aspetto, con Milano in mano. I quattro capitoli finali del libro sono dedicati alle maggiori opere del periodo leonardesco a Milano. ln particolare alla storia della “Vergine delle Rocce” una e due (Londra e Parigi) e alle travagliate vicende dell’Ultima Cena dal 1495 ad oggi.