cm. 24 x 17, pp. 244, brossura, tagliando del prezzo rimosso, in buone condizioni.
I rapporti dei servizi segreti, i rendiconti degli arsenali d’armi e dei flussi finanziari, gli interrogatori resi al magistrato dai protagonisti dell’epoca. Non le dichiarazioni addomesticate dei diplomatici, la visione parziale dei politici o i ricordi nostalgici di testimoni fugaci. Per la prima volta dopo mezzo secolo esatto emerge qui la verità sulla fine del Territorio Libero di Trieste. L’archivio dell’Ufficio zone di confine che aveva il compito di tenere vivi i rapporti tra Roma e Trieste scovato in un archivio dimenticato del Ministero degli Interni dal giudice veneziano Carlo Mastelloni diviene qui pubblico per la prima volta nelle sue parti più salienti. Emerge come Gladio, spezzone italiano di “Stay behind”, sia nata immediatamente dopo la fine della seconda guerra mondiale prima in funzione anti titina e poi in funzione antisovietica. L’italianità di Trieste, indubbia nella storia, nella cultura e nelle aspirazioni della città, non viene messa qui in discussione. Dopo mezzo secolo però sembra sacrosanto mettere in luce come fiumi di armi e di soldi siano affluiti da Roma verso Trieste che pure era allora uno Stato straniero. “Si error, felix error”, ha commentato qualche anno fa poco prima di morire l’allora ministro della Difesa, Paolo Emilio Taviani. Emerge anche come i disordini che pure portarono a fare vitti: me innocenti fossero stati fomentati da individui pagati, come le sovvenzioni e soprattutto le armi siano alfine giunte a foraggiare anche elementi neofascisti che volevano fare con il colpo di mano a Trieste una specie di prova generale per un colpo di Stato in Italia che ripristinasse il regime mussoliniano. Ma questa indagine va più in là e mette per la prima volta in luce evidente come il più spietato nazista triestino, il generale delle SS Odilo Lotario Globocnik sia stato salvato e riciclato dopo la guerra dagli Alleati che avevano addirittura inscenato il suo falso suicidio per permettergli di rifarsi una vita dorata negli Stati Uniti grazie ai tesori sottratti agli ebrei. Come lui anche altri nazisti, fascisti e collaborazionisti triestini rimasero impuniti. Ancora, viene riprodotta la lunga intervista fatta un paio di anni fa a Baku a Mirdamat Seydov l’azero infiltrato tra le SS che confessa come nel 1944 compì i più clamorosi attentati durante l’occupazione tedesca in città che sfociarono poi nelle spietate rappresaglie naziste con gli impiccati in via Ghega e i fucilati a Opicina. E infine, vengono illustrate senza pudori le uccisioni e le violenze che comunisti titini continuarono a compiere sugli italiani fino agli anni Cinquanta, barbare gesta a lungo sottaciute dall’Italia per non dispiacere alla Jugoslavia in nome di ipocriti equilibri internazionali.