cm. 23 x 16, pp. 274 + mappa ripiegata, brossura, come nuovo.
Della cultura dei castellieri si parla da più di un secolo. Il barone Carlo di Czoemig nel 1850 riteneva che le costruzioni murarie le quali cingevano le alture nel Carso e nell’Istria fossero state opera dei Celti, mentre Tommaso Luciani già in quel periodo, o pochi anni dopo, riconosceva nei castellieri i resti lasciati da popolazioni che erano vissute nell’Istria prima dei Romani. Cosi, infatti, scriveva ad un amico: «Fatto attento dalle dotte elucidazioni archeologiche del dottor Pietro Kandler, vidi che l’Istria tutta fu all’epoca della dominazione romana coperta da una rete di fortilizi e vedette poste su per le tante alture a guardarne il confine alpino, i porti, le cittadi, le vie, ad avvisare pericoli, a propagare notizie. Ma, visitato più partitamente un rilevante numero di coteste rovine negli agri di Albona, Cherso, Volosca, Pisino, Pola, Dignano, Rovigno. e Parenzo, vidi o mi parve di vedere, che non tutte sono cosa romana, che in alcune anzi nulla v’ha di propriamente romano o di altro popolo che possa dirsi civile, che in altre sotto lo strato romano v’è qualche cosa di ben più antico, di assai più antico, di quasi ciclopico a non dire primitivo; vidi o mi parve di vedere in parecchie di esse le ultime orme di un popolo antichissimo, povero di bisogni e di mezzi, rozzo, selvaggio, che non aveva l’uso del metallo che viveva, pare, all’aperto, e si trincerava in piccoli gruppi o tribù sulla cima delle montagne di preferenza nelle più alte.