Caratteristiche e condizioni:
cm. 29,5 x 25, pp. 462, in ottime condizioni.
Contenuto:
Forse più di ogni altro appuntamento tra quelli passati, diventa decisiva questa mostra, che, come è facile immaginare, è la logica prosecuzione di quella realizzata nel 2000 e dedicata a “La nascita dell’impressionismo”. Se quella, infatti, si arrestava all’inaugurazione della prima esposizione impressionista da Nadar, questa da quelle sale prende le sue mosse. E lo fa distendendosi poi negli anni non solo fino al 1886, anno, com’è noto, dell’ottava e ultima rassegna, ma fino al 1890, l’anno cruciale della morte di Vincent Van Gogh. In questo modo, legando l’esperienza impressionista, giunta ormai a un punto di apertura sul tempo a venire, con quella di chi, come il pittore olandese, seppe trarre da quell’esempio una spinta formidabile verso la modernità, al pari almeno di Monet e Cézanne.
Sarà quindi evidente come il ruolo di questi due artisti sia nella mostra di primaria importanza, per quel senso serrato di modificazione che la loro immagine dipinta ha già nei due decenni adesso considerati. Divisa in cinque sezioni, la mostra nelle prime tre prende in esame la pittura impressionista dal 1874 al 1890, indicando in questo modo come si sia manifestata quell’evoluzione che, partita dal plein-air, ha condotto molti tra quei pittori su strade effettivamente diverse. Proprio Monet sta, fra tutti, quale esempio più probante, se è vero che dal suo alunnato giovanile con Boudin – di cui è riflesso ancora nella prima sala – passa a una pittura che con chiarezza non è più condotta, dagli anni ottanta, solo sul motivo ma indubbiamente conclusa nello studio. Il dogma accantonato del plein-air è un primo, forte motivo di mutamento, cui si unisce il desiderio di “costruzione” indicato a più riprese da Cézanne già a partire dalla fine degli anni settanta. O il travaglio che occupa alcuni altri in bilico tra la nouvelle peinture e l’accademia dei Salon, come nel caso di Renoir attirato anche dalla sirena dell’arte italiana tra Quattro e Cinquecento.
Insomma, un panorama molto più composito e variegato di quanto si possa normalmente supporre, con tante spinte tangenziali che spesso vengono a occupare distintamente il centro della scena. È naturalmente il caso della comparsa di Signac e soprattutto Seurat, ufficialmente e definitivamente, proprio nella mostra, ottava, del 1886. Come questo fatto agisca sulla pittura anche degli impressionisti, lo vediamo bene, naturalmente, dai quadri di Pissarro tra il 1886 e il 1888, ma anche da certe esperienze di Monet almeno fino al 1888, tali da lasciare indubitabilmente supporre il suo interesse verso l’opera del più giovane artista. E passando attraverso le sculture di Rodin, esposte insieme ai quadri dello stesso Monet nel 1889 da Georges Petit nella mostra celebre, si giunge infine alla sezione dedicata a Van Gogh. Ben 45 opere, tra le 162 totali, gli sono in questa mostra consacrate, venendo così a costituire una vera rassegna monografica all’interno del progetto. L’arrivo di Van Gogh a Parigi all’inizio del 1886, in tempo per vedere le opere proprio di Seurat e Signac, segna quel fondamentale punto di giuntura tra le due esperienze, evidenziato poi soprattutto nei quadri del 1887, anno in cui, tra l’altro, dipinge spesso fianco a fianco, oltre che con Emile Bernard, proprio con Signac sulla riva della Senna ad Asnières. L’evoluzione della sua ricerca, il nuovo senso del colore che lo prenderà all’arrivo nel Sud, la forza centripeta che ha la sua immagine della natura, segnano, per la mostra che su un campo di grano si conclude, l’ingresso di questa pittura nei territori della bruciante esperienza della confessione più intima, strascicata e stravolta nelle messi tagliate.