cm. 21 x 13,5, pp. 222, brossura, in ottime condizioni.
«Lo scrittore non prevede né fa congetture: progetta». Da questa asserzione di Sartre si può dire prenda avvio il discorso di Walter Mauro in questa ricognizione critica che partendo dalle strutture del verismo verghiano, attraverso le fasi più difformi della progettazione sulla realtà, arriva fino alle sponde del ritorno al romanzo d’appendice e del recupero di un primordiale realismo nella franca narrazione di questi anni recenti. Il critico va a collocarsi entro la fase di mediazione tra virtualità e attuazione nel romanzo italiano del Novecento, e da questa sorta di trincea segreta scruta e deduce, compiendo la propria ricognizione sulle poetiche di De Roberto e di Tozzi, di Svevo e di Pirandello, di Moravia e di Alvaro, di Palumbo e di Sciascia, di Bernari e di Pratolini, di Calvino, di Bassani, di Cassola, dei cosiddetti franchi narratori infine, per dimostrare come il rapporto scrittore-realtà, dopo un positivo tracciato di ampliamento delle problematiche che hanno condotto il narratore fino alle sfere del mito e dell’affabulazione, abbia poi subito il contraccolpo di una condizione precaria della vita e della società che, almeno nei casi limite del romanzo d’appendice e della franca narrazione, ha finito per risospingere tale rapporto entro l’impasse del più puro contenutismo. Ma questo ampio studio serve anche ad altro: a dimostrare cioè come le ramificazioni del vero e del reale siano infinite e tutte rapportabili alla cognizione stessa del concreto; e più che mai sul terreno della realtà vanno ricondotti quegli itinerari apparentemente svarianti, e invece con- vergenti proprio in quell’area che Kafka chiamava della << non realtà ››, così disperatamente vera e autentica.