cm. 29 x 22, pp. 314, copertina rigida con sovraccoperta, in ottime condizioni.
- Trieste da parte nostra
- Un dolcissimo incontro di Libero Mazzi
- Lettere dalle frontiere dell’anima di Giorgio Bergamini
- Una storia di confine di Arduino Agnelli
- Città Vecchia di Umberto Saba
- Architettura d’Europa di Maria Walcher Casotti
- Nella città del realismo borghese il fiore della desolazione fantastica di Giulio Montenero
- Musica in casa di Giampaolo de Ferra
- Gli anni della psicanalisi di Giorgio Voghera
- Il cuore in Carso di Spiro Dalla Porta Xidias
- Una cornice di mare
- Le due Istrie di Guido Miglia
- La porta del lavoro di Marco Cadelli
- Lo sport. Un doping naturale di Publio Tadeo
Gli uffici di propaganda turistica, per necessità di sintesi, scelgono un monumento (chiesa, arena, torre, palazzo) e ne mettono l’immagine sul cartellone a simboleggiare un’intera città. Questa immagine diventa, in tal modo, il segno mediante il quale milioni di persone dovranno riconoscerla e ricordarla. L’operazione, assai spesso, è approssimativa e arbitraria. Ma non è, in sostanza, del tutto illegittima: perché è vero che ogni città (specie le nostre, cariche di storia) porta l’impronta di un momento, di un secolo, che le dette il suo preponderante carattere.
E se diciamo Venezia, il palazzo ducale; Roma, il Colosseo; Bologna, le due torri; Firenze, il campanile di Giotto, non esauriamo, certo, il discorso su quei luoghi (ne siamo ben lontani), eppure affermiamo un criterio che indica l’utilità di una chiave visiva d’interpretazione.
Ma esistono città il cui segno è duplice, triplice; oppure si sposta. Ferrara, castello estense sta fortunatamente in bilico tra le due città che sono a Ferrara: quella medioevale e quella rinascimentale. Ma come rappresentare le tre Ravenne, la bizantina, il paesone romagnolo, la città del petrolio?
Trieste è conosciuta dagli italiani come la città di S Giusto È veramente esatto quel segno? In altre parole: esso è capace di dare in sintesi il volto del luogo, di mostrarne il carattere e di essere riconosciuto dal forestiero nel suo approccio con quella comunità? O non si troverà, tale forestiero, anche di fronte ad un’altra, più vistosa e significante Trieste?
Il segno di S. Giusto pone l’accento sopra un aspetto di Trieste emerso nella contesa per restituire il luogo italiano all’Italia. Fu un accento che servi a rafforzare una giusta rivendicazione Ma Trieste ha un’altra dimensione, seppure cresciuta sulla prima.
È, per le sue vie, i suoi palazzi, il suo costume civile, anche la città che una polemica momentanea doveva nascondere: il centro urbano, insomma, nato alla fine del ‘700, cresciuto splendidamente nell’800, che seppe raccogliere, poi fare incontrare con le fonde radici della civiltà adriatica, gli influssi che le venivano dalla sua condizione naturale di porto della Mitteleuropa.
In tal modo, oggi, il segno si sposta, insieme al tempo storico diverso, per conquistare alla città tutto il suo passato e scoprire, in questa nuova condizione, una funzione più ampia.
“Quassù Trieste”, ordinato da Libero Mazzi con la collaborazione di eminenti scrittori e studiosi illustri, non intende tanto rinnegare il segno di S, Giusto, quanto mettergliene accanto un altro, che permetta ai triestini e agli italiani tutti di vedere una città che non sia chiusa dentro un confine, ma aperta verso l’Europa come un impegno e una speranza.