cm. 18 x 10, pp. 250, brossura, in buone condizioni.
A 10 anni dalla «primavera di Praga», mentre si fa sempre più pressante la necessità di ripensare a quel crocevia fondamentale della storia del socialismo contemporaneo, riproponiamo qui dopo una prima fortunatissima edizione che, per la censura husakiana, apparve come prima edizione assoluta l’analisi di uno dei protagonisti della svolta dubcekiana.
Questo libro di Mlynar argomenta efficacemente la tesi secondo cui la questione di un rinnovamento democratico del regime socialista in Cecoslovacchia era posta all’interno del Partito comunista, prima ancora del ’68, come condizione ineludibile per la costruzione del socialismo. In questo senso si può dire qui Mlynar articola una interessante e originale autocritica – e che ci fu nel gruppo dirigente dubcekiano una sottovalutazione della portata generale dell’esperimento cecoslovacco, e quindi anche dei contraccolpi internazionali che avrebbe potuto provocare.
Il dibattito aperto soprattutto in Italia su libertà e dissenso, egemonia e pluralismo, istituzioni della transizione ed eurocomunismo trova nelle pagine più alte di Mlynar una verifica nel concreto, che aiuta a capire come la «questione cecoslovacca» resti tuttora «aperta» nella teoria e nella pratica del socialismo della nostra epoca.