cm. 24 x 17, pp. 94, brossura, in ottime condizioni.
Il patrimonio di opere d’arte accumulato dal Museo Revoltella in oltre centotrenta anni di storia è formato per metà circa da oggetti pervenuti in dono, di cui la maggior parte provengono da famiglie triestine. Alcune di queste donarono collezioni intere che hanno permesso al museo, soprattutto nella prima metà del Novecento, di crescere piuttosto rapidamente. Anche dopo la recente riapertura al pubblico, avvenuta nel 1992 alla fine di una lunga chiusura per ristrutturazione della sede, la generosità dei triestini verso questo museo tanto amato non ha mancato di manifestarsi: in dodici anni l’inventario delle collezioni si è arricchito di oltre duecento pezzi tra cui vi sono alcuni autentici capolavori che hanno aggiunto valore e nuovo significato al già ampio percorso museale.
Per la donazione di Giulio Kurländer, tuttavia, va fatto un discorso a parte perché il gesto che egli ha voluto fare a beneficio di questo museo può essere paragonato solo a ciò che concepì il fondatore, Pasquale Revoltella, mettendo i suoi beni al servizio del futuro dell’istituzione e delegando ad altri la scelta delle opere da acquisire. E’ davvero raro trovare una mentalità così aperta e lungimirante, ma soprattutto è insolito, di questi tempi, che qualcuno compia un gesto generoso fidandosi completamente delle istituzioni e non chiedendo nulla in cambio. In questo senso la donazione Kurländer si colloca sulla scia della tradizione ottocentesca, lontanissima dalle forme più moderne di beneficenza nei confronti delle istituzioni culturali, che il più delle volte non riguardano gli investimenti a lungo termine bensì le attività più spettacolari da cui si ricavano immediati ritorni pubblicitari. Riaprendo battenti, dunque, nel 1992, il Museo Revoltella si trovò a disposizione una cospicua somma per iniziare una nuova politica di acquisti.
L’unico vincolo era rappresentato dall’obbligo di scegliere artisti della regione per cui si decise, in accordo con l’esecutore testamentario, Guido Crechici -al quale si deve una grande disponibilità ad assecondare tempestivamente tutte le proposte del museo, oltre che la capacità di gestire con particolare oculatezza beni affidatigli – di aspettare le occasioni migliori e di utilizzare il lascito per opere davvero importanti, lasciando all’iniziativa diretta del museo e ad altre fonti di finanziamento gli acquisti di minore entità.