cm. 23 x 15, pp. 184, brossura, lievi tracce d’uso, in buone condizioni.
Il motivo del ritorno ai presocratici corre lungo l’intero arco di sviluppo del pensiero del Novecento. Ne attraversa in profondità i diversi percorsi, affiora a tratti in superfice e ancora oggi si impone, da Gadamer a Severino e all’ultimo Riedel, come un filone robusto, denso di grumi problematici che promettono lavoro alla riflessione. Sono in gioco l`irrisolta attualità del messaggio nietzschiano, il segreto delle mille rinascite heideggeriane, il fascino del rinvio tra filosofia, conoscenza della natura ed esperienza del sacro ma, soprattutto, la cogenza del legame che unisce il tema della crisi della visione classica della ragione all’esigenza di un ritorno alla dimensione dell’originario e dell’arcaico: la fisionomia dei presocratici evoca la peculiare forza creativa di un pensiero non ancora segnato dalla presenza di quel discrimine fra l’empirico e il trascendentale che è certo espressione plenaria della tradizione filosofica dell’Occidente. I saggi raccolti in questo volume provengono da un seminario di studi svoltosi fra studiosi dell’Università di Palermo, idealmente ambientato tra filosofia e letteratura. Essi intendono discutere, a diverso titolo e sulla base di competenze diverse, un elemento ricorrente della scrittura filosofica del Novecento; l’orizzonte di interrogazione che concorrono a formare è definito dalla consapevolezza del carattere di cifra, di simbolo, che l’interesse in chiave teoretica al pensiero dei Presocratici, comunque motivato dalla ragione scientifica, finisce sempre per acquisire. Al centro della loro attenzione sta la complessità di questa cifra. Dopo tutto, dei filosofi prima di Socrate non possediamo che frammenti e Socrate, l’autore emblematico della crisi e del passaggio all’età classica della ragione non ha lasciato alcuno scritto. Anche per questo il tema del ritorno ai presocratici assume la consistenza ambigua e polivalente di un mito, che narra il vano rincorrersi di tempo e pensiero: quasi un richiamo a una sorta di necessario anacronismo della ragione; ma così inteso, evidenzia provocatoriamente un elemento espressivo comune alla tradizione del pensiero metafisico e a quella delle filosofie che se ne distaccano.